Ancora 123 anni per la parità di genere: la strada è lunga e bisogna imparare a camminare insieme

I dati del Global gender gap 2025 incoraggiano e lanciano sfide.

Ancora 123 anni per la parità di genere: la strada è lunga e bisogna imparare a camminare insieme
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30 Giugno 2025 - 16.43


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di Vittoria Calabrese

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In base ai dati emersi dal Global gender gap 2025 del World Economic Forum, per raggiungere la vera parità di genere dovranno passare ancora 123 anni. Le statistiche si basano sui dati di 148 economie mondiali e, se da una parte fanno emergere segnali incoraggianti, dall’altra evidenziano ancora numerosi ostacoli da superare. I settori che vantano maggiore equità sono quello politico e quello economico. Potrebbe migliorare il dato sull’occupazione dal quale si apprende che, nonostante il 41,2% della forza lavoro globale sia femminile, solo il 28,8% delle posizioni di leadership è occupata da donne.

L’America è in testa alla classifica mondiale grazie agli importanti risultati nella partecipazione economica e può contare anche su un rilevante miglioramento della rappresentanza politica: dal 2006, infatti, il divario è diminuito di 19,3 punti. L’Europa è la seconda e il suo fiore all’occhiello è il coinvolgimento nella sfera politica, il migliore a livello mondiale. A seguire America Latina e Caraibi che colmano di 8,6 punti percentuali in divario rispetto al 2006 grazie a riforme mirate.

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Successivamente, si posizionano Asia centrale, Asia Orientale, l’area del Pacifico – con buoni risultati per Nuova Zelanda, Australia e Filippine – e l’Africa Subsahariana, con una mappa disomogenea ma che presenta un incremento della partecipazione politica. In coda alla classifica si collocano Asia meridionale, Medio Oriente e Nord Africa, nonostante quest’ultimo abbia triplicato la partecipazione politica femminile rispetto al 2006.

In classifica generale, l’Italia guadagna due posizioni e passa dall’ottantasettesimo all’ottantacinquesimo, dove trainante é il settore dell’educazione, registrando un risultato positivo anche per quanto riguarda la salute e l’aspettativa di vita. Pessimi risultati per la partecipazione politica e ancora peggio per la partecipazione al mondo del lavoro, categorie nelle quali il nostro paese si colloca al centodiciassettesimo posto. Per quanto riguarda il mondo del lavoro, in Italia, i dati ci dicono che nel 2024 l’81% delle denunce per molestie sul luogo di lavoro venivano da donne e sempre le donne guadagnano mediamente il 5,6% in meno rispetto ai colleghi uomini, con il gap che sale al 16% tra i laureati.

Questi numeri e queste statistiche illustrano sicuramente dati rilevanti a livello globale e nazionale. I numeri però, per quanto diano una maggiore sensazione di affidabilità, spesso rischiano di farci perdere la cognizione del fenomeno. Al di là delle classifiche, quello della parità di genere è un problema che riguarda la nostra vita quotidiana e per rendersi conto di quanto sia ancora lunga la strada verso la parità basta guardarsi attorno.

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Alcune scelte giornaliere, anche se apparentemente banali, sono ancora testimonianze e indice di una mancata parità. Come, ad esempio, il modo di vestirsi: un ragazzo sceglie cosa indossare in base alla temperatura o alla comodità, una ragazza – come dimostra anche il trend social “subway shirt” diffuso qualche anno fa – potrebbe decidere tenendo conto di fenomeni come il catcalling.

Un’altra testimonianza social, popolare nei feed, in questi giorni faceva riflettere sulla scelta del mezzo di trasporto da utilizzare per uscire la sera: la ragazza in questione affermava di scegliere in base a ciò che la faceva sentire più sicura anche a scapito della comodità, mentre, il suo amico maschio sceglieva esclusivamente in base a ciò che era conveniente, come ad esempio il non dover cercare parcheggio se si usufruisce di un mezzo pubblico. Come possiamo pensare dunque di raggiungere la parità di genere se gli stili di vita corrispondono a due standard enormemente diversi?

Anche i problemi apparentemente minori possono generare conseguenze profonde. Così, come in un sistema bottom-up, il cambiamento autentico parte dalla base: solo agendo sulle fondamenta possiamo trasformare realmente ciò che sta al vertice. È qui che diventa fondamentale un dialogo aperto tra le persone, indipendentemente dal sesso, per superare i doppi standard, partendo proprio da quelli quotidiani, come -banalmente – scegliersi l’abito per andare a lavoro. Solo allora potremo parlare davvero di uguaglianza.

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