In Italia essere madre è ancora sinonimo di fragilità

Il rapporto Save The Children 2025 evidenzia un crescente divario occupazionale e un allarmante rischio di povertà per le madri, soprattutto quelle single, in un Paese con un tasso di natalità in picchiata.

In Italia essere madre è ancora sinonimo di fragilità
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6 Maggio 2025 - 12.03


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Quest’anno, in Italia, la celebrazione della Festa della Mamma si tinge di un’ombra preoccupante, gettata dalle impietose cifre del decimo rapporto di Save The Children “Le equilibriste – La maternità in Italia 2025”. Il quadro che emerge è quello di madri sempre più sole e penalizzate, strette nella morsa di un mercato del lavoro che sembra favorire la paternità a discapito della maternità e di una società che fatica a offrire un sostegno adeguato.

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Il dato più eclatante è il divario occupazionale abissale tra padri e madri con almeno un figlio minore, che già nel 2024 si attestava a quasi 29 punti percentuali. Una forbice che evidenzia come la genitorialità influenzi in maniera diametralmente opposta la carriera di uomini e donne.

Mentre la presenza di figli sembra spingere gli uomini verso una maggiore partecipazione al mercato del lavoro (il tasso di occupazione dei padri sale al 91,5% contro il 77,8% degli uomini senza figli), per le donne la maternità si traduce spesso in una riduzione drastica delle opportunità. Solo il 62,3% delle madri risulta occupato, una percentuale che scende ulteriormente al 60,1% per chi ha due o più figli.

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Inoltre, un quinto delle donne (un dato sconcertante, n.d.r.), abbandona il proprio impiego dopo la nascita di un figlio.

Questa disparità occupazionale si traduce inevitabilmente in una “child penalty”, una penalizzazione salariale che colpisce le madri e che prelude a un futuro di maggiore precarietà economica. A farne le spese maggiori sono le madri single, una categoria sempre più numerosa e drammaticamente esposta al rischio di povertà. Tra i 25 e i 34 anni, poco più di una mamma single su due (appena il 50%) ha un impiego, rendendole tra le figure più vulnerabili nel tessuto sociale italiano.

La fotografia del Paese “mother friendly” stilata dall’Istat non offre un quadro uniforme. Se la Provincia autonoma di Bolzano, l’Emilia-Romagna e la Toscana si distinguono per politiche e condizioni più favorevoli alla maternità, il Sud Italia arranca, con la Basilicata come fanalino di coda, preceduta da Campania, Puglia e Calabria. Un divario territoriale che acuisce ulteriormente le disuguaglianze.

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A questo scenario già critico si aggiunge il nuovo record negativo delle nascite, con soli 370mila nuovi nati nel 2024, una flessione del 2,6% rispetto all’anno precedente. Un dato che non può essere letto isolatamente, ma che si intreccia con le difficoltà che le donne incontrano nel conciliare maternità e lavoro, alimentando un circolo vizioso demografico ed economico.

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