Gozzini: “La globalizzazione non può mai essere fermata, la politica la può limitare”

“Alla politica basta mettere la firma su un foglio e il commercio si arresta, mentre per costruirlo ci vuole tanto tempo e devi avere dei prodotti di qualità per esportarli e soddisfare il consumatore"

Gozzini: “La globalizzazione non può mai essere fermata, la politica la può limitare”
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10 Marzo 2025 - 10.57


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di Marcello Cecconi

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Stiamo scoprendo, a nostre spese, di vivere nell’epoca dell’iper-compressione, l’epoca dei grandi cambiamenti tecnologici, economico-finanziari e geopolitici che a velocità supersonica interagiscono sconvolgendo gli assetti globali. Eppure, siamo ormai così abituati alla globalizzazione che ci appare come un “diritto” acquisito. Ma è così? Ne parliamo con Giovanni Gozzini, docente di storia contemporanea all’Università di Siena che si è occupato di storia della globalizzazione e delle disuguaglianze.

Si parla di fine della globalizzazione. Lo fa anche l’economista del Financial Time Rana Foroohar nel suo ultimo libro. Siamo dunque a un passaggio ineludibile?

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La globalizzazione è una creatura molto fragile anche se a noi appare potentissima perché è la forza dell’economia ma in realtà la politica può fermarla in qualsiasi momento perché non ci mette niente a fare sanzioni, protezionismi, barriere doganali. Alla politica basta mettere la firma su un foglio e il commercio si arresta, mentre per costruirlo ci vuole tanto tempo e devi avere dei prodotti di qualità per esportarli e soddisfare il consumatore. I processi dell’economia sono lenti e la globalizzazione ha questa forza della lentezza, poi però arriva la politica e può fermarla in qualsiasi momento.

Ma è sempre necessaria una guerra perché la politica ostacoli la globalizzazione?

Assolutamente no, anche prima della guerra russo-ucraina gli Stati Uniti hanno esplicitato di puntare a commerciare solo con i paesi a loro amici. Per esempio, hanno fatto sanzioni all’Iran o alla Corea del Nord, insomma per svariate motivazioni la politica limita la globalizzazione. Del resto, come si ricorderà, fino all’arrivo di Mandela si facevano sanzioni contro il Sudafrica che non poteva partecipare nemmeno alle Olimpiadi. In questo caso era lo stesso principio allora applicato in difesa dei diritti umani e quindi secondo principi anche legittimi e pienamente condivisibili, principi che poi però gli Stati Uniti hanno esteso scegliendo di fare commercio solo con chi piace a loro, secondo criteri strettamente politici.

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Rana Foroohar, la giornalista del Financial Times, vede parte del fallimento della globalizzazione economica sul fatto che l’élite dell’Occidente abbia modellato la propria politica nazionale al servizio dell’economia globale ma slegata dai bisogni veri dei propri cittadini e nell’averci portato dentro la Cina che invece con la globalizzazione ha modellato la propria politica nazionale per migliorare il sistema di vita dei propri cittadini. È d’accordo?

Io non son tanto d’accordo con questa analisi per due motivi. Il primo è che la Cina tira fuori 400 milioni di contadini da una condizione di povertà, per loro millenaria, grazie alla liberalizzazione dei mercati rurali che è la prima delle modernizzazioni avviate da Deng Xiaoping nel dicembre del ‘78 ed è lì che comincia la nascita della Cina come nazione moderna capitalistica che conosciamo oggi. Dunque, una ragione estera a cui ha seguito l’apertura, dopo la metà degli anni ‘ 80, al commercio con l’estero con una grande produzione ed esportazione. Il secondo punto di dissenso con Rana Foroohar è che, a mio avviso, a noi consumatori conviene avere giocattoli “made in china” e sulla qualità delle merci si potrà discutere ma negli anni è migliorata e ci costa molto di meno. Il consumatore realizza immediatamente i vantaggi della globalizzazione.

E per la concorrenza sleale per il minor costo del lavoro come la mettiamo?

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Si dice che ci sono danni per i lavoratori occidentali perché hanno una concorrenza sleale da quelli cinesi pagati una frazione di quello che sono pagati lavoratori europei, ma quando vai a vedere i dati dell’occupazione ti accorgi che negli Stati Uniti, ma anche in Italia, il lavoro del terziario ha sopravanzato largamente la perdita di posti nell’industria e nell’agricoltura. Per terziario si intende tutto quello che non è industria e agricoltura quindi si va dai rider in bicicletta e dal friggitore al McDonald’s fino alla compagnia d’assicurazioni, alla società creativa nel campo del web, a tutto il mondo della comunicazione e non solo. Si tratta di quella che noi chiamiamo terziarizzazione che va avanti dal ‘45 in un processo di lungo periodo.

Quindi la globalizzazione può soffrire ma mai finire?

La globalizzazione non potrà morire perché è la tendenza naturale fin da quando esiste l’homo sapiens, che ha rappresentato la più grande massa di migranti, quella di entrare negli scambi e nei commerci. La globalizzazione non può mai essere fermata, la politica la può limitare, vincolare e quando lo fa spesso si finisce nella guerra.

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