Il Governo Meloni ha deciso di alzare la voce e dichiarare guerra all’evasione fiscale con uno spot d’impatto: “Da oggi la bella vita è finita. L’evasione si paga.” Pare evidente che la produzione dello spot abbia la felice mano di chi cura anche i trailer di film d’azione mostrando immagini di un ristorante di lusso, primi piani invadenti e un voice-over drammatico. Viviamo tempi in cui è facile confondere la propaganda con la comunicazione istituzionale, ma questo è troppo.
Infatti, mentre i cittadini scorrono le immagini di quell’inafferrabile “furbetto” dello spot che si arricchisce alle spalle degli altri senza pagare le tasse, il Parlamento ha appena approvato una nuova serie di misure che suonano, ironicamente, come un premio per chi con il fisco ha sempre avuto un rapporto “creativo”: depenalizzazioni e sanatorie che, di fatto, alleggeriscono le conseguenze per chi “dimentica” di dichiarare al fisco il dovuto. Il messaggio è chiaro: evadere è sbagliato, ma se proprio ci tieni a non pagare, tranquillo: abbiamo una scorciatoia per te.
L’ammonimento solenne con il quale inizia lo spot sembra uscito direttamente dalla bocca di un Robin Hood in pensione: “Da oggi la bella vita è finita!”. Un bel messaggio forte se non fosse immediatamente smorzato dalle immagini di cronaca in cui ministri e parlamentari si affannano a spiegare in televisione la nuova legge che rende più semplice “ravvedersi” all’ultimo minuto, e per poche centinaia di euro.
Dunque lo spot più che un appello per sensibilizzare contro l’evasione fiscale sembra la versione moderna del famoso “Chiagni e fotti” preso in prestito dal vernacolo partenopeo. Ci troviamo di fronte a una macchina comunicativa che riesce a spingere messaggi in totale contraddizione senza fare una piega. Da un lato, si cerca di convincere i contribuenti che il tempo dell’impunità è finito e che l’evasore fiscale dovrà presto pentirsi dei suoi “peccati” con tutta la solennità della legge. Dall’altro lato, si passa a manica larga con sanatorie, sconti e “agevolazioni” per chi, pur sbagliando, ha il buon cuore di ammetterlo a distanza di anni, magari in una villa con piscina.
Una vera arte, una propaganda che assume le sfumature del teatro dell’assurdo. E così, mentre lo spot si chiude sul solenne monito che “l’evasione si paga”, resta da capire in che senso.