La politica italiana è sempre stata un po’ come un luna park, con i suoi alti e bassi, i suoi giri e le sue svolte impreviste. Il 10 maggio è diventato una data emblematica per i significativi cambiamenti, avvenuti in quel giorno, nel corso degli anni. Nel 1994, Silvio Berlusconi, dopo averci intrattenuto con promesse roboanti ha introdotto la Seconda Repubblica, figlia illegittima di Mani Pulite, con il ruolo di Primo Ministro. Dodici anni più tardi, nel 2006, nello stesso giorno, c’è stata l’elezione di Giorgio Napolitano, il primo Presidente della Repubblica proveniente dall’ex Partito Comunista Italiano, che ha segnato un cambiamento radicale portando un uomo della vecchia sinistra nell’alto livello della politica italiana, sconvolgendo equilibri e aprendo strade nuove.
Eppure, Berlusconi e Napolitano, i due estremi, hanno viaggiato con rispetto reciproco per quasi vent’anni. La strana coppia iniziò a collaborare proprio nel 1994 dopo che Berlusconi, nominato senza particolare enfasi dal Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, presentò il suo governo per la fiducia. Fu Napolitano, reduce dalla presidenza dell’ultima Camera dei Deputati della Prima Repubblica, a leggere la “letterina” che motivava la sfiducia dei post-comunisti. Ma il tono garbato e lo stile con cui lo fece colpì Berlusconi, che resosi conto che i comunisti non mangiavano sempre i bambini, si alzò dallo scranno con passo deciso e tese, sorridente, la mano al “rosso”.
Il flusso di gentilezza continuò quando il Cavaliere partecipò con lo stesso garbo all’elezione alla massima carica di Giorgio Napolitano. Era il 2006 e la sinistra di Romano Prodi, appena uscita da una gracile vittoria elettorale, s’impelagava nella complicata sponsorizzazione di Massimo D’Alema al Quirinale. Berlusconi, al quale non piaceva l’idea dell’uomo della barca a vela, lasciò scivolare l’orientamento della sinistra verso la candidatura del “garbato” Napolitano e l’abbraccio politico fu concretizzato nella neutralità durante il voto a Camere riunite, il 10 maggio.
E toccò ancora a Napolitano investire Berlusconi dopo le elezioni anticipate del 2008 e difendersi, senza cedimenti, da una sinistra sconfitta, e incattivita dall’alleato Antonio Di Pietro, che avrebbe voluto che il Presidente della Repubblica facesse sponda all’opposizione. La “strana coppia” scoppiò, invece, nel momento terribile del 2011 in cui lo spread schizzò alle stelle e Berlusconi fu costretto a dimettersi da Primo Ministro accettando, insieme all’opposizione, il governo-tecnico di Monti.
Allora, sul palcoscenico della commedia politica italiana, non ci furono immediate scene di concitazione, ma nel 2013, dopo il Rubygate e alcune sentenze che gli costarono la decadenza da Senatore, Berlusconi rimproverò al compagno garbato che abitava al Colle, d’aver subito o addirittura avallato una congiura internazionale contro di lui, “divorziando” definitivamente.
Ora, mentre osserviamo il premier Meloni occupare e far occupare da parenti e conoscenti le sedie ad ogni tavolo dove si da le carte, mi chiedo quale sarà il prossimo capitolo della nostra tragicomica commedia politica. Ci sarà ancora un Presidente del Consiglio che in qualche modo, come Berlusconi, debba fare i conti con la Costituzione e il suo massimo guardiano?
La risposta non è facile perché ad ognuno di quei tavoli si cerca di dare carte per debilitare il massimo guardiano e rinforzare i muscoli del Premier.