Elon Musk candidato al Nobel per la Pace. E non è una fake.

L’imprenditore sudafricano potrebbe occupare la sedia vuota di Narges Mohammadi, l’attivista iraniana per i diritti umani detenuta nella prigione di Teheran che ricevette il Nobel della Pace nel 2023. E in sogno anche Alexis de Toqueville c'è rimasto male

Elon Musk candidato al Nobel per la Pace. E non è una fake.
Elon Musk e l’attivista iraniana Narges Mohammadi Nobel per la Pace 2023
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Marcello Cecconi Modifica articolo

12 Marzo 2024 - 18.56


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Senti il mio cuore fa boom, boom, boom…! Come a Rose Villain, la rapper milanese dalla chioma blu, anche a me il cuore ha battuto forte, leggendo la notizia della candidatura di Elon Musk al Nobel per la Pace. Ho tentato di tranquillizzarmi pensando che fosse la solita fake ma scorrendo il Corriere sul mio cellulare ho dovuto crederci definitivamente.

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Nell’ipereccitazione neuronale ho dato spazi all’immaginazione. Ho così rivissuto tutta la cerimonia della consegna del Nobel per la Pace dell’anno scorso a Narges Mohammadi, l’attivista iraniana per i diritti umani detenuta nella prigione di Teheran. Quella sedia vuota era lei che non poteva essere su quel palco. L’assenza che riempiva di contenuti morali quella scelta. È scattato immediato il confronto con chi su quella stessa sedia rischia di essere seduto quest’anno: il sorridente e “pacifico” Musk, appunto.

Sì, proprio lui, l’immenso imprenditore sudafricano con cittadinanza canadese naturalizzato statunitense, secondo nel mondo per ricchezza dietro solo al francese Bernard Arnault, quello dell’alta moda. Quello che per favorire la pace si diverte a portare i ricchi su Marte e comprare facilmente Twitter, come fosse un giocattolo.  Elon Musk che, proprio in Scandinavia, non vuole raggiungere nessun accordo con i sindacati per i contratti di lavoro per la sua Tesla. La pensa così anche il New York Times che il 10 marzo scorso scrive di lui: “… filantropia casuale e in gran parte egoistica, rendendolo beneficiario di enormi agevolazioni fiscali che vanno ad aiutare le sue imprese”.

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Sono andato a dormire agitato. Ho sognato Alexis de Toqueville che tornava, quasi due secoli dopo il memorabile viaggio, a studiare la società americana e la sua natura democratica. Nel sogno mi ha suggerito di vedere finalmente con chiarezza quale delle due tendenze della democrazia, da lui enunciate, abbia vinto: quella che porta i cittadini a non pensare e non quella che induce la mente umana a nuove conquiste. Già era rimasto scottato dalla modernità che vi trovò due secoli fa. Figuriamoci com’è rimasto turbato quando gli ho descritto ciò che oggi s’intende per modernità: la società non si sofferma sul presente ed è proiettata sul futuro sventolando la bandiera della libertà e ammainando quella dell’uguaglianza.

Ho avuto l’ardire, forse per cercare conforto, di chiedergli nel sogno cosa pensasse della candidatura di Elon Musk. Con l’ironia che da sempre lo contraddistingue, mi ha risposto che sarebbe stato più dignitoso candidare il filantropo imprenditore per il Nobel in Economia anziché per la Pace. La motivazione, ha detto “…inimitabile strategia aziendale per il rapido raggiungimento di obiettivi personali dietro il paravento del progresso del mondo”.

Mi sono svegliato e son corso a vedere chi aveva proposto la candidatura. È stato il parlamentare norvegese Marius Nilsen, del “Fremskrittspartiet”, letteralmente il Partito del Progresso, conservatore della destra libertaria e sovranista. Ho capito che c’era saggezza nella risposta di Tocqueville. Ma questo non mi ha tranquillizzato, né placato: certe scelte mi riesce sempre meno capirle. E accettarle.

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