di Azzurra Arlotto
Lo slogan “Non donateci mimose” riassume l’essenza della ricorrenza dell’8 marzo di quest’anno. Le donne non vogliono fiori e regali simbolici, ma azioni concrete per contrastare la violenza e ottenere la parità di genere.
Niente fiori, né cioccolatini: la giornata internazionale della donna, quest’anno, deve necessariamente essere un momento di riflessione sulla condizione femminile e sulle ardue sfide che ancora ci attendono. Deve essere un giorno di impegno per contrastare le discriminazioni e le violenze, per promuovere la parità di genere e per costruire una società più giusta e inclusiva.
Ecco, forse, perché questo 8 marzo sta assumendo significato ancora più profondo con lo sciopero generale, accompagnato da cortei, manifestazioni e sit-in, indetto da diverse sigle sindacali e dal movimento “Non una di meno”; non tanto a scopo celebrativo, ma come spinta promotrice di mobilitazione contro la violenza patriarcale in tutte le sue forme.
L’invito è a fermare la produzione in ogni ambito della società: dalle case ai posti di lavoro, dalle scuole, alle piazze e agli uffici. Un blocco simbolico per dimostrare che “se ci fermiamo noi, si ferma il mondo”.
Per sottolineare che le donne, con la loro forza e determinazione, possono innescare un cambiamento epocale come è già successo più volte nel corso della Storia.
La Giornata Internazionale della Donna in generale, ma anche quella che si avvicina, è vissuta, purtroppo, su un’evidente contraddizione.
Da un lato celebra le conquiste sociali, economiche e politiche ottenute dalle donne nel corso di decenni di lotte. Dall’altro, la sua ricorrenza rischia di mantenere quel tono festoso che stona con la cruda realtà di oggi: femminicidi, violenze e discriminazioni che continuano ad affliggere la nostra società.
Eppure, l’8 marzo non è nato come una festa: venne ufficializzato nel 1921 dalla Seconda Conferenza Internazionale delle Donne Comuniste, sebbene le sue radici affondino ancor prima con le lotte delle operaie tessili a New York nel 1911 e nelle manifestazioni delle donne russe contro la guerra e lo zar nel 1917. Nacque, quindi, come un giorno di rivendicazione e protesta.
Nel corso degli anni abbiamo però rischiato di perdere di vista le sue origini, trasformandola in un’occasione per far semplicemente festa, svilendo, così, il suo significato più profondo.
Nonostante i progressi ottenuti dalla nascita di questa importante Giornata, oggi la parità di genere resta ancora un lontano miraggio. Le donne continuano a subire disparità salariali, discriminazioni sul lavoro, violenze domestiche e (cosa ancora più grave) continuano a perdere la vita per mano degli uomini. Secondo i dati ISTAT il nostro Paese conta 150 femminicidi l’anno: “In Italia ogni due giorni viene uccisa una donna. Se ne contano migliaia nel mondo. Numeri da genocidio”.
Ecco perché la partecipazione allo sciopero e alle altre iniziative stabilite per l’8 marzo di quest’anno sono un modo per dare forza alle rivendicazioni e per costruire un futuro migliore, dove l’inferiorità di genere o la paura di subire violenze siano solo un lontano ricordo. Sarà un’occasione importante per tutti, per unirsi e far sentire la propria voce e per pretendere un cambiamento immediato, radicale e tangibile.