di Henri Margaron
Qualche parola sulla tastiera del computer ed ecco stampato un quadro originale degno delle più grandi gallerie d’arte o una ricerca ragionata e dettagliata in grado di soddisfare il professore più esigente. Possiamo assistere in diretta alle prodezze dei robot che superano i migliori giocatori di scacchi o di Go al mondo. Ci stupiamo ancora per l’importanza della robotica nella medicina ma non ci meravigliamo più per i risultati raggiunti dalla tecnologia nella comunicazione e nell’intrattenimento. Ammaliati da queste prodezze tendiamo ad assimilare tutti gli strumenti della tecnologia con il concetto di Intelligenza Artificiale, inteso come un grande principio in continuo progresso per migliorare il nostro quotidiano.
Nel cielo radioso che illumina il nostro futuro si addensano però delle preoccupazioni che aumentano con i risultati sempre più straordinari ottenuti dall’IA. E se un giorno raggiungesse delle capacità tali da potere dominarci? In fondo l’IA sa tutto di noi, dove siamo, dove andiamo, può individuarci all’interno di una folla immensa, conosce le nostre condizioni di salute, i nostri gusti o i nostri desideri più intimi.
Rassicuriamoci, non assisteremo nemmeno in un futuro lontano ad una Guerra delle scimmie versione robot anche se ci compiacciamo a dare ad alcuni di loro una parvenza umana. L’intelligenza artificiale è un insieme di tecnologie capaci di raccogliere una quantità di dati infinita che degli algoritmi, delle formule matematiche, mettono in correlazione per ottenere delle informazioni diversamente inaccessibili e permettere eventualmente a dei robot di compiere dei gesti estremamente complessi o di elaborare dei ragionamenti pertinenti.
Sebbene raggiungano dei risultati stupefacenti questi strumenti non sono intelligenti. L’intelligenza non è un principio a sé stante che decide di venire in aiuto ad un organismo e suscettibile di essere riprodotto artificialmente. Intelligenza è il nome che diamo alla capacità di ogni organismo biologico di rielaborare le proprie esperienze per trovare delle nuove soluzioni ai suoi problemi quotidiani. È quindi una caratteristica degli organismi biologici che si sviluppa con le esperienze. L’uomo ha raggiunto una tale perfezione grazie al registro linguistico che si è costruito per comunicare meglio con i suoi simili e con il quale può simbolizzare le sue esperienze per scambiarle e rielaborarle più agevolmente. Si tratta quindi di un processo di apprendimento che nasce dalla necessità di un organismo biologico di migliorare il suo quotidiano. Questo processo può svilupparsi solo in un contesto di armonia con gli altri, presupposto inderogabile non per un miglioramento delle condizioni di vita, sebbene talvolta induca a comportamenti che vanno a discapito degli altri. Gli strumenti della tecnologia, anche i più sofisticati, non hanno invece esigenze proprie, non provano sensazioni, non devono migliorare le proprie condizioni, non conoscono la stanchezza o l’invidia anche se possono descriverla, spiegarla e perfino mimarla.
Tuttavia l’IA rappresenta un pericolo che avvertiamo e su cui è bene riflettere. I suoi strumenti sono in mano a gruppi di interessi che li elaborano per orientare i nostri gusti e le nostre abitudini al fine di trarne benefici che si tratti di vendere dei prodotti o di orientare le opinioni… Ne vediamo gli effetti con l’uniformizzazione dei modelli di comportamento dettati dalla società di consumo che diventa la norma, mentre l’originalità non è più considerata una ricchezza ma un segno di emarginazione.
La paura che la nostra umanità perda i suoi colori non deve spingere a rinunciare ai progressi della tecnologia ma a controllare l’uso che ne facciamo, affinché sia uno strumento al servizio di tutti e non di un gruppo ristretto. Certamente dobbiamo essere estremamente vigilanti quando inseriamo i nostri dati e pretendere trasparenza nell’uso che ne fa il gruppo al quale li affidiamo. Bene ha fatto, per esempio, il garante della privacy a mettere al bando la società Chat GPT, ma attenzione queste precauzioni non bastano. L’uomo è riuscito a sviluppare le sue capacità poiché ha imparato a confrontarsi con i suoi simili per arricchirsi delle differenze, per cui la società deve preoccuparsi meno del PIL e più della qualità delle relazioni umane. Le emozioni e la conoscenza non sono merci che si vendono o si assumono come delle pillole, sono delle condizioni che si condividono all’interno di una relazione armoniosa. Se la società continuerà a non prestare sufficiente attenzione a questo aspetto, l’IA si trasformerà da formidabile opportunità a alternativa ad una realtà deludente, con un conseguente impoverimento inesorabile della nostra umanità.