Ucciso in strada a bastonate. Come nel profondo sud statunitense, come in quei paesi nei quali non si riesce a tenere a freno la rabbia e l’odio razziale. Ma di questo, dei dettagli si occupa come si diceva un tempo, la cronaca. A me stupiscono due particolari della vicenda: la scelta di alcune grandi testate nazionali (tipo Corriere della Sera e altre) di riportare questa drammatica notizia con un titoletto marginale in una prima pagina dominata, guarda caso, dai titoloni dedicati alla politica.
Antico difetto della stampa italiana che ci portiamo dietro da secoli. L’altro particolare attiene al comportamento tenuto dai presenti: non hanno alzato un dito per bloccare l’ira furiosa del bianco impazzito. In compenso hanno alzato dita e braccia per fotografare o riprendere ciò che accadeva. Testimoni oculari di una violenza la cui forza li rendeva impotenti. Cioè spettatori. E come attratti dal malefico spettacolo del dolore, ne sono stati avvolti nella spirale. Era, per loro, come protagonisti del piccolo (ora Grande) schermo; era come assistere a un reality. Era, anzi, come esserne coprotagonisti: già pronti a mostrare le foto ai giornalisti (“vuole uno scatto, nel cronista d’assalto?”) o a vendere le immagini a qualche televisione locale. Nel peggiore dei casi a fissare con gli amici un bell’aperitivo per mostrare il vero volto della cattiveria e poter dire: “Io c’ero”.
L’io egocentrico e ipertrofico si trasferisce, così, dalla persona al proprio attrezzo tecnologico, una sorta di protesi o prolungamento del braccio che guarda e non interviene. Ricordate McLhuan? Per vigliaccheria? Per paura? Perché ognuno è sempre più chiuso nel proprio guscio? Per mancanza di solidarietà, di certo. O solo perché quel braccio elettronico ha preso sempre più il posto del cuore e dell’animo? E il cervello è stato posato, come un bancomat, sul bancone del supermarket proprio per acquistare l’ultimo modello del super accessoriato telefonino? Quel povero e indifeso signore è morto: lo piangono i parenti, lo piangono le persone che hanno un cuore. E non svenderanno l’anima pur di diventare egocentrici protagonisti dello spettacolo del dolore.