Culture-Globalist: diamo voce agli studenti-redattori sulla crisi di governo

Di fronte ad un evento dalle conseguenze imponderabili, il nostro giornale sceglie di far esprimere chi di solito riporta il pensiero degli altri. Parola agli studenti-redattori.

Culture-Globalist:  diamo voce agli studenti-redattori sulla crisi di governo
L'addio di Mario Draghi
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Maurizio Boldrini Modifica articolo

21 Luglio 2022 - 14.38


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“La nemesi di un populismo in declino sta portando alla caduta del governo di Mario Draghi”: così avvia, oggi, il suo commento, sul Corsera, Massimo Franco. E gli fa eco, su La Repubblica, Maurizio Molinari titolando il proprio commento “L’aula vittima del populismo”. Anche La Nazione, che non poteva esser considerata per il suo passato come una roccaforte delle idee progressiste, titola a tutto tondo “L’ora più buia“.

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Dall’altro lato della Manica il The Guardian scrive “…his broad coalition failed when three key parties snobbed a confidence vote…” dando lo stesso peso di responsabilità ai tre partiti che non hanno votato la fiducia, mentre il New York Times non usa mezze misure con “…the effective collapse of Mr. Draghi’s government amounted to a devasting blow to both Italy and Europe..”,  un devastante colpo all’Italia e all’Europa.  

Melanconia, tristezza, sconcerto e paura per la fase che il Paese si avvia ad attraversare dominano i commenti delle testate nazionali e internazionali. Escluse le testate di tendenza, quelle delle due diverse tendenze populiste: l’una, scompaginata e in cerca di un nuovo centro di gravità permanente, e l’altra, vogliosa di non farsi rappresentare solo da una giovane leader infervorata. In entrambi i casi populisti che cercano di non far capire al popolo chi e cosa abbia davvero generato questa giornata buia, scaricando l’uno addosso all’altro le colpe della crisi.

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Tutti si defilano allorquando si tratta di addossarsi la paternità di una crisi che gran parte del paese non voleva ma che è stata dettata dagli interessi di parte, personali e di partito.  Dai, finalmente ci siamo.  Ci siamo, anche formalmente, in campagna elettorale; in quella campagna elettorale che si trascinava da mesi e che rendeva sempre più anchilosato il governo della finta unità nazionale. Troppe riforme sono rimaste in mezzo al guado, qualche bella manciata di miliardi forse la perderemo per strada, forse tutto diventerà più difficile nel viver quotidiano di milioni di persone. In particolare di quelle che già sentono sulla propria pelle i morsi di una crisi pesante. I commenti si sono sprecati e si sprecheranno: esperti di tutti il mondo saranno chiamati al capezzale dei morenti talk-show- fiume nei quali canteranno la “loro nenia canzon”.

Cosa pensano i giovani? Non una voce per ora è stata fatta ascoltare: che succederà per il diritto allo studio? Per la tutela del lavoro? Davvero tutto si può risolvere appagando interessi elettorali di parte? Noi di Culture-Globalist, abbiamo deciso di dar voce proprio a loro, ai giovani che scrivono sul nostro giornale, alle ragazze e ai ragazzi che, nelle nostre riunioni, ci sollecitano spesso a parlare e scrivere non vedendo il mondo solo con gli occhi degli adulti. Ognuno dirà la sua direttamente: senza veli, senza reti di protezione, senza remore. Sarà un modo per sentire una parte di quell’Italia che finora ha avuto poca voce.  Mentre, invece, avrebbe bisogno proprio della loro voce; anzi delle loro grida sui social, negli atenei, nelle vie del mondo.

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