Facciamo gli auguri di buon compleanno a Jack Casady, uno dei più influenti bassisti rock che oggi compie 78 anni. Quale migliore occasione per parlare un po’ dei Jefferson Airplane, il gruppo che ha reso celebre Casady e che dal 1996 fa parte della “Rock and Roll Hall of Fame”?
È quasi ridondante ricordare l’importanza dei Jefferson Airplane, la cui storia parla da sé: pionieri della controcultura statunitense e bandiera della scena musicale psichedelica che si sviluppò a San Francisco verso la metà degli anni Sessanta, tra i gruppi di quel periodo furono i primi a firmare un contratto discografico con un’importante etichetta, i primi ad apparire in una trasmissione televisiva in onda su scala nazionale, i primi a raggiungere record di vendite e i primi ad andare in tour nella costa atlantica degli Stati Uniti e in Europa.
Ma a restare negli annali sarà la loro partecipazione ai tre principali festival rock: Monterey (1967), Woodstock (1969) e Altamont (1969).
Bark (1971)
Il peggior lavoro dei Jefferson Airplane è tale perché non è dei Jefferson Airplane. Mi spiego. Il cantante e fondatore Marty Balin ha abbandonato il progetto; nel frattempo, è subentrato il violinista Papa John Creach e il batterista Spencer Dryden è sostituito da Joey Covington. Da questo periodo di transizione e di viavai nasce Bark, che sembra più che altro una raccolta di brani solisti eseguiti dai vari membri del gruppo. Non è un disco malvagio, ma è la dimostrazione che la somma funziona meglio delle singole parti.
Volunteers (1969)
Un album dove il nostro festeggiato, Casady, dà il meglio di sé con un basso molto più pronunciato del solito. Un album controverso e che ha generato polemiche dal primo istante, a causa dei suoi testi rivoluzionari contro la guerra. Il titolo, Volunteers, è stato ispirato da un camion dei Volunteers of America (un’organizzazione senza scopo di lucro che fornisce alloggi e assistenza) che una mattina svegliò Balin. “Tear down the walls”, “get it on together”: a suon di inni rivoluzionari e ambientalisti (come “The Farm” o “Eskimo Blue Day”), i Jefferson Airplane si ergono a icone degli anni Sessanta e delle rispettive battaglie. Infatti, la loro performance a Woodstock – guarda caso nello stesso anno, il 17 agosto del 1969 – resterà nella storia.
Surrealistic Pillow (1967)
Uno degli album più belli che il rock psichedelico abbia mai prodotto, sicuramente il migliore della produzione dei Jefferson Airplane. Dai due intramontabili singoli Somebody to Love e White Rabbit fino alla sublime Embryonic Journey o al rock à la Rolling Stones di 3/5 of a Mile in 10 Seconds, il materiale sonoro riesce a essere contemporaneamente semplice e complesso, anche grazie a una Grace Slick in splendida forma. Un vero diamante, simbolo della cosiddetta “Summer of Love”.