Chi l’avrebbe mai detto che a trarre vantaggio dall’eroica prima impresa del “comunista” Gagarin sarebbero stati i creativi neocapitalisti di oggi? Eppure lui, Gagarin, primo uomo nello spazio, ha scaldato i cuori di tutto il mondo. E non era facile farlo il 12 aprile 1961 per un cittadino dell’’Unione Sovietica. Questa era ancora una potenza oscura, fredda e burocratica nonostante che Nikita Khrushchev avesse da poco iniziato la destalinizzazione cominciando proprio con il cambio del nome alla mitica Stalingrado, da allora chiamata Volgograd.
Quello di Gagarin fu un successo militare e scientifico, vero inizio della sfida spaziale Usa – Urss che per qualche decennio coinvolse le due potenze con strategie segrete e dissanguanti investimenti che con lo stemperarsi della guerra fredda e l’emergere di nuovi pressanti bisogni sociali, divenivano sempre più improbabili. Il crollo della cortina di ferro disinnescò completamente la sfida lasciando il campo a limitati progetti spaziali pubblici e in comune fra più Paesi.
Ma chi poteva approfittarne di questo spazio lasciato in parte vuoto dal “pubblico”? Facile risposta. Il “privato”! I nuovi grandi ricchi che hanno dato inizio al “creativo” neocapitalismo extraterrestre. Si, perché ormai lo spazio sta diventando un business per questi imprenditori che galleggiano e si sfidano nei primissimi posti della classifica dei più facoltosi sbattuti sulla prima pagina di Forbes. Ha iniziato Richard Branson, padrone della Virgin Group, poi Jeff Bezos, il fondatore di Amazon, fino ad arrivare a Elon Musk, Il patron di Tesla, che proprio ieri ha superato il rivale Bezos in quella speciale classifica, regalandosi quasi il 10% delle azione di Twitter. Con il suo programma SpaceX ha fatto un paio di viaggi spaziali per la Nasa per poi puntare a voli charter nello spazio per multimilionari. A settembre scorso ha, infatti, portato “in giro” i primi civili paganti, e siamo solo all’inizio del turismo spaziale.
Ma torniamo a lui. Al mito. A Gagarin. Eravamo nel pieno della guerra fredda il 12 aprile 1961 quando, questo astronauta di 27 anni, entrò in orbita nello spazio per “guardare il mondo da un oblò” ma senza che nessun video dell’operazione fosse reso pubblico nell’immediato. Furono gli americani stessi, che stavano per essere anticipati di poche settimane da questo lancio, che si erano preparati a cercare le prove di quello che da qualche tempo si vociferava. Fu per questo che, prima del lancio, l’Agenzia per la Sicurezza Nazionale americana realizzò apposite stazioni che potessero intercettare le comunicazioni dei sovietici.
Così la stazione di Shemya, in un’isola dell’Alaska, riuscì a captare le comunicazioni tra il cosmonauta e la base a terra e tramite la demodulazione della trasmissione video potettero vedere le immagini di Gagarin all’interno della Vostok. Fu così che dopo un’ora dal lancio, i vertici militari statunitensi ebbero la conferma che l’Unione Sovietica stava facendo sul serio e che la prima tappa dell’affascinante sfida dell’uomo nello spazio era perduta.
Alla mattina di quel 12 aprile, al cosmodromo di Bajkonur nel Kazakistan, giunse un pullmino dal quale scesero due uomini con tuta da volo color arancione e casco pressurizzato. Uno dei due, German Titov, restò a terra, era la riserva, mentre l’altro entrò nell’ascensore e salì nella navicella tramite il boccaporto e si sistemò disteso, sull’unico sedile. “Si va” disse alle 9,07 quando, chiuso il portellone, cominciò il decollo. La navicella era la Vostok 1, che in russo vuol dire “Oriente” e, in quel momento, il mondo non conosceva il nome dell’uomo a bordo.
«Il panorama è assolutamente bello e nuovo… la superficie terrestre cambia colore mentre viene illuminata dal cielo nero, dove posso vedere benissimo le stelle». Sono le parole pronunciate dall’uomo che alle 10.55, dopo 108 minuti dalla partenza, sbalzato fuori dalla navicella scese con il paracadute in una fattoria collettiva nella provincia di Saratov della Russia occidentale. La contadina Anna Taktatova e sua figlia, che stavano accudendo un vitellino, rimasero impietrite.