Alexander Bell e Antonio Meucci: chi è stato l'inventore del telefono?

"Mr Watson, come here, I want you", esclamò Bell nel suo telefono il 10 marzo del 1876. Nel 2002, il Congresso Usa ha riconosciuto all'italiano la paternità dell'invenzione. Poi il cellulare ha rivoluzionato la comunicazione

Alexander Bell e Antonio Meucci: chi è stato l'inventore del telefono?
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Marcello Cecconi Modifica articolo

10 Marzo 2022 - 14.42


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Lo scienziato statunitense di origine scozzese, Alexander Graham Bell, esattamente il 10 marzo del 1876, riuscì nell’impresa di effettuare la prima telefonata. “Mr. Watson, come here, I want you” disse Bell, con successo, al suo assistente Thomas Watson che si trovava nella stanza attigua.

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Bell fa la prima telefonata

Lo strumento usato era simile a una trombetta con una specie di auricolare e un microfono, all’interno della quale la voce era capace di mettere in vibrazione una membrana che produceva un’onda elettrica che variava in base al segnale che riceveva. Dal capo opposto del ricevente uno strumento trasformava il segnale elettrico in acustico.

Il brevetto con numero 174.465, dopo pochi giorni, protesse “il metodo e l’apparato per trasmettere la voce o altri suoni telegraficamente […] per mezzo di ondulazioni elettriche, simili, in forma, a quelle che accompagnano l’emissione della voce e dei suoni nell’aria “. Qualche anno dopo, era il 1880, Alexander Bell fonderà la Bell Telephone Company che si trasformerà nel colosso AT&T. Dopo quasi quarant’anni intensi di esperimenti, il 25 gennaio 1915, lo scienziato proverà con successo anche la prima telefonata intercontinentale.

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Ma siamo sicuri che l’inventore del telefono è stato Bell? Eh no, perché a pensarci bene, tutti noi abbiamo studiato sui libri di scuola che era stato il geniaccio fiorentino di Antonio Meucci a farlo. Vediamo di fare chiarezza. In effetti fu Meucci il primo a presentare un apparecchio che lui chiamò “telettrofono”. Era partito dal telegrafo e aveva escogitato un apparecchio che, in luogo dei messaggi tramite punti e linee di Morse, faceva passare la voce dopo averla trasformata in segnale elettrico. Per molti, Meucci avrebbe richiesto anche il brevetto e per qualche anno rinnovato fino a quando, nel 1873, a corto di denaro e non avendo avuto la possibilità di sfruttarlo commercialmente, lo abbandonò.

E fu così che Meucci, nonostante sia stato il primo a proporre un telefono funzionante, per mancanza di denaro fu costretto a lasciare spazio a Bell che lavorando sulla stessa idea, tre anni dopo, la presentò in pompa magna, la brevettò e, soprattutto, sin da subito ebbe idee chiare su come sfruttarla commercialmente. C’è voluto più di un secolo ma alla fine giustizia è stata fatta. Ci ha pensato il Congresso degli Stati Uniti d’America, nel 2002, a fare chiarezza e riconoscere ufficialmente l’italiano Antonio Meucci come il vero inventore del telefono.

Tutto ciò non toglie che Bell resta ancora oggi, per gran parte della comunità scientifica internazionale e della cultura popolare di gran parte del mondo, il padre del telefono, quest’oggetto divenuto fondamentale nel processo comunicativo e al quale hanno contribuito lavori e studi di tante altre personalità importanti come Charles Bourseul, Innocenzo Manzetti, Johann Philipp Reis ed Elisha Gray.

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E quanta evoluzione da allora. Si iniziò ad applicare ai telefoni i primi quadranti rotanti e per comporre un numero si doveva far girare una ruota con sovraimpressi i numeri da 0 a 9 e, nel caso di errore, si doveva ricominciare tutto da capo. Negli anni Trenta arrivarono i cosiddetti telefoni a candelabro con una base come trasmettitore e il ricevitore staccato che dopo poco avrebbe preso la forma, che poi sarebbe diventata iconica, di cornetta.

Negli anni scomparivano i telefoni a candelabro e fra gli anni Sessanta e Settanta arrivarono quelli collegati alle prese telefoniche, con due famiglie dello stesso condominio che spesso condividevano un solo apparecchio, il duplex. Poi le tastiere e i primi comodi cordless. C’è da pensare che questa idea di mobilità sia stata alla base del lavoro di Martin Cooper, giovane ingegnere di origine ucraina della Motorola, che il 3 aprile 1973 usò un cellulare per parlare con un collega dei Bell Labs, uno degli altri competitor della telefonia. Quel prototipo sarebbe diventato il Motorola Dynatac 8000x, il primo cellulare commercializzato solo nel 1983, dopo interi 10 anni di prove e miglioramenti. Il risultato era un telefono di 1.1 Kg, con antenna, senza schermo, con una batteria che durava mezz’ora e con un tempo di ricarica di 10 ore. Il costo era un investimento elitario per quei tempi, 4000 dollari.

La pubblicità del primo cellulare

Fu l’inizio di una grande corsa alla mobilità comoda e intrigante e l’ultimo grande salto, quello più importante avvenne nel 2007, quando Apple presentò il suo primo iPhone che mutava radicalmente il concetto di cellulare, di telefonia e del modo di comunicare in generale. Lo smartphone è diventato in questi ultimi quindici anni uno strumento irrinunciabile per tenerci connessi e, a differenza dell’epoca di Cooper quando il cellulare era per pochi e serviva solo per chiamare, ora è molto più di un telefono e poco meno di un p.c.. E’ alla portata di tutti e nessuno ormai vorrebbe o potrebbe pensare di farne a meno anche a costo di guardarci negli occhi molto meno per tenerli puntati su quel display. Sempre. Anche quando siamo seduti a tavola.

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