Anonymous, Putin e la guerra informatica

Il collettivo internazionale di hacker ha messo nel mirino Putin e la Russia che ha invaso l'Ucraina.

Anonymous, Putin e la guerra informatica
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8 Marzo 2022 - 18.21


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di Giuseppe Castellino

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Pochi giorni fa ha fatto scalpore la notizia che il collettivo internazionale di hacker Anonymous, schierato a favore dell’Ucraina invasa dalla Russia, ha messo nel mirino il presidente Putin. Successivamente, una serie di attacchi hanno messo fuori uso diversi siti governativi del governo russo (compreso en.kremlin.ru che non risulta al momento raggiungibile). Oltre a questo, sempre il collettivo Anonymous, ha rivendicato l’attacco hacker alla tv russa, con trasmissione di video dal fronte e canzoni nazionali ucraine.

Le domande che ci facciamo sono tante. Chi sono? Sono l’unico gruppo conosciuto? E questi attacchi hanno aperto nuove frontiere? Le domande possono essere collegate fra loro ed è giusto approfondire l’argomento. Partiamo però dalla più importante, ovvero da quella che Anonymous non è l’unico gruppo di hacker conosciuto in rete. Ne esistono infatti diversi e non tutti operano per il bene comune. Basti citare il gruppo Sandworm, un gruppo di hacker russi che si presume faccia capo direttamente al GRU (agenzia di intelligence russa fondata da Lenin). Non è l’unico, ce ne sono altri sempre (presunti) affiliati a varie agenzie di spionaggio del Cremlino, e soprattutto non sono gruppi nati con l’intento di estorcere denaro.

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La conoscenza che la maggior parte di noi ha, riguardo all’universo degli hacker, si limita all’utilizzo di ransomware finalizzati a ricattare il malcapitato, chiedendo un riscatto in criptovalute per non farsi rintracciare. Il deep web è pieno di persone del genere che spesso compie attacchi anche su commissione.

Negli ultimi anni stati come Russia, Cina, Iran e altri Paesi storicamente contrapposti al blocco occidentale hanno operato una vera e propria corsa alla guerriglia informatica. Riunire sotto un’insegna gruppi di specialisti con un intento ben preciso: nessun ricatto, solo distruzione e reperimento di dati sensibili. RedHack, Fancy Bear, Cozy Bear e Charming Kitten sono solo alcuni (e non tutti russi, ma anche iraniani e nordcoreani).  Gli eventi in cui risultano coinvolti sono innumerevoli, basti pensare all’attacco condotto nel 2015 ai danni delle infrastrutture elettriche ucraine. Pianificazione, coordinamento e capacità di sfruttare malware sono le loro caratteristiche.

Tuttavia, accomunare questi gruppi ad Anonymous è totalmente sbagliato e rischia di confondere ulteriormente le idee. Anonymous è una comunità di hacktivisti decentralizzata, che non ha lo scopo di danneggiare infrastrutture delicate e mettere a repentaglio la vita dei cittadini. Non rispondono a nessun capo, non sono iscritti a nessun “club” e non hanno un portavoce ufficiale. L’unico elemento di riconoscimento comune è la maschera di Guy Fawkes (divenuta celebre per la serie a fumetti V per vendetta). Attivi dal 2003, passarono alla ribalta per la prima volta durante un raid di attacchi contro la chiesa di Scientology, rea di attentare alla liberà di parola. Tutt’ora sono il gruppo più famoso ma dal punto di vista etico si muove sul labile confine tra il lecito e l’illecito. Si può non mettere in dubbio la nobiltà del loro fine, ma non dimentichiamo che i loro metodi sono spesso illegali.

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Lunedì 28 febbraio, è apparso su internet un video (https://twitter.com/i/status/1497786715783798785) in cui Anonymous ha di fatto dichiarato cyberwar al presidente Putin. Da quel momento la comunità è entrata in fermento. Oltre ai sopra citati attacchi, negli ultimi giorni pare siano riusciti ad entrare in possesso di materiale militare altamente riservato che dimostra come l’invasione fosse ampiamente pianificata. Tutt’oggi non sappiamo come si organizzano dietro le quinte, proprio perché sono un gruppo che non si riunisce in forum o siti.

Dobbiamo entrare nell’ottica che mentre l’industria militare è progredita tecnologicamente in maniera spaventosa anche internet è diventata una potenziale arma. Basti evidenziare un fatto molto significativo: circa 24 ore prima dell’invasione russa, i sistemi di difesa dell’esercito ucraino sono andati in tilt a causa di un attacco hacker. Da qui ne consegue che la sicurezza in rete è diventata fondamentale, ed è ora che gli Stati nazionali e anche l’Unione Europea inizino ad investire di più per proteggersi ulteriormente da queste minacce.

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