di Agostino Forgione
Il mondo ha bisogno di proteine e soprattutto ne vuole sempre più. Basta gettare un occhio ai dati sulla produzione globale di carne che è quadruplicata dall’inizio degli anni sessanta a oggi. I dati mostrano come la globalizzazione abbia assecondato il desiderio crescente di mangiare sempre più carne creando così uno sviluppo senza precedenti degli allevamenti intensivi, in particolar modo nei paesi in via di sviluppo. La Cina ne è l’esempio più clamoroso. Nel paese del sol levante, che da sempre ha adottato una dieta in cui la principale fonte proteica era rappresentata dalle proteine vegetali, la produzione di carne è passata da 9 milioni di tonnellate del 1961 a 143 milioni di tonnellate di oggi. Approssimativamente, quindici volte tanto. Il prezzo della carne non è mai stato così basso, e di ciò se ne avvantaggia una società che, purtroppo, oggettiva il costo delle cose unicamente sulla base del loro valore economico. Ma se si somma al valore economico quello ambientale ecco che il costo sociale e ambientale della carne diventa, esageratamente salato e insostenibile.
Il mondo quindi ha sì bisogno di proteine, ma di quelle che hanno un minore impatto ambientale. Una delle possibili risposte potrebbe arrivare dalla soia, una leguminosa dall’apporto proteico in peso percentuale paragonabile alla carne. I suoi derivati, dai cibi alle bevande, hanno un posto sempre più privilegiato e preminente negli scaffali dei supermercati, rivolgendosi in particolar modo a chi predilige un’alimentazione vegetariana o vegana. C’è, tuttavia e doverosamente, da precisare il differente aspetto qualitativo delle proteine vegetali rispetto a quelle animali. Le proteine sono composte da aminoacidi e in totale se ne contano venti utili al nostro organismo, a loro volta classificabili in aminoacidi non essenziali ed essenziali. La differenza tra i due sta nel fatto che mentre il nostro organismo riesce a sintetizzare i primi non riesce a fare altrettanto per i secondi: ragion per cui devono essere necessariamente assunti ricorrendo all’alimentazione.
Le proteine animali provenienti da un’unica fonte contengono tutti e venti gli aminoacidi, rappresentando dunque una fonte proteica completa. Ognuna delle fonti proteiche vegetali più importanti, invece, pecca in uno o più aminoacidi essenziali, proprio quelli che il nostro organismo non riesce a produrre. Ciò rappresenta la disfatta delle proteine vegetali a favore di quelli animali? Assolutamente no. Come empiricamente avevano intuito le popolazioni asiatiche secoli fa, basti pensare a pietanze tipiche quali la zuppa di miso, composta da soia e cereali, la soluzione è abbinare fonti proteiche che abbiano un apporto di aminoacidi complementare, per cui le carenze di una fonte vengono colmate dall’altra e viceversa. Ecco dunque che un hamburger di soia, che proprio per tale ragione annovererà tra gli ingredienti della farina di riso o affini, diventa un perfetto sostituto nutrizionale che equivale all’omologo di carne. La differenza sostanziale sta nel fatto che, mentre per la produzione di un hamburger bovino occorrono circa 2350 litri d’acqua, per uno di soia se ne impiegano 158. Per non parlare delle emissioni di gas serra degli allevamenti, che rappresentano quasi il 15% di tutte le attività umane. Considerando poi che la soia rappresenti uno dei principali mangimi animali e che la maggior parte della soia prodotta venga destinata proprio a tale scopo, tutto ciò diventa quantomeno insensato.
Esiste tuttavia un’accesa discussione accademica sulla salubrità che un’alimentazione ricca di soia abbia. Studi affermano che l’assunzione di isoflavoni, estrogeni appartenenti alla classe dei fitoestrogeni e presenti anche nella soia, possano, soprattutto in età puberale, stimolare processi di crescita indesiderata nelle ragazze e interferire con il corretto sviluppo endocrino dei ragazzi. Altri studi affermano inoltre che una dieta ricca di soia possa addirittura ridurre la conta degli spermatozoi. Sul fronte opposto c’è da notare però che altre ricerche sostengono che l’assunzione di isoflavoni sia correlata con una minor incidenza di cancro al seno, alla prostata e all’endometrio, di vampate di calore in menopausa e di osteoporosi. Inoltre è importante sottolineare come la soia abbia un minore tasso di colesterolo e grassi saturi rispetto alle proteine animali.
Soia sì o soia no, dunque? Di certo e come in tutto, la soluzione sta nei cambiamenti degli stili di vita. Se una dieta a base esclusivamente di proteine vegetali può far storcere il naso a qualcuno, coloro che ci credono devono impegnarsi per far superare stereotipati modelli consumistici alla massa dei cittadini. Purtroppo sono ancora troppe le persone che mostrano resistenze nell’uso delle fonti alimentari alternative. Il mio personale parere, dopo aver sperimentato queste nuove forme di alimentazione, è questo: superando il conformismo, e praticando queste nuovi consumi, a trarne benefici non sarà solo il nostro organismo ma l’intero pianeta.