L’emergenza climatica non si risolve scendendo in piazza

E' necessaria una reale presa di coscienza da parte della politica ma si dà ancora troppo poca importanza all'azione individuale. Anche la scuoia dovrebbe fare la sua parte.

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24 Ottobre 2021 - 11.27


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di Erica Cerami 

Tutti i Media non perdono l’occasione per mostrare piazze ricolme di giovani che protestano contro la mancata azione dei governi per la salvaguardia del pianeta.
Tuttavia, spesso, il tono con cui vengono trattate queste situazioni odora di sufficienza: come se non servisse a niente urlare slogan, riunirsi e tenere discorsi. Sembra proprio che chi deve fare questo cambio di rotta non sia capace di ascoltare.

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È diventata una pratica comune quella di riversarsi nei punti nevralgici delle città nella speranza di essere ascoltati e per assicurarsi visibilità. Questo è molto importante ed anche se per alcuni giovani è un modo per saltare qualche ora di scuola o per incontrare gente, pazienza.  La maggioranza crede fortemente che sia necessaria una lotta per fronteggiare questa drammatica situazione. 

Per me si dà ancora troppa poca importanza all’azione individuale quando si parla di ambiente: quanti sono i gesti che ognuno di noi potrebbe e dovrebbe aumentare nel quotidiano per non gravare ulteriormente su un pianeta già affaticato? Moltissimi. Ma si continua a considerare come vano lo sforzo del singolo, quando sarebbe bene rammentare il vecchio detto “l’unione fa la forza”. Ci sono realtà, non così lontane da noi, che hanno scelto di sabotare quelle pratiche non sostenibili che stanno danneggiando i nostri eco-sistemi: c’è chi sceglie di non mangiare prodotti di origine animale o di fare la spesa evitando la grande distribuzione organizzata, di usare i mezzi pubblici il più possibile, di comprare abiti e mobilio di seconda mano, di non finanziare imprese che non assicurano né retribuiscono a dovere i dipendenti.

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Sebbene questa si ritenga come un’infarinatura di educazione civile, andrebbe comunque impartita nelle scuole, così come l’importanza della differenziata, l’attenzione a non sprecare e soprattutto il rispetto verso la natura.  Sono molte le fonti da cui attingere se ci si vuole approcciare ad uno stile di vita più sostenibile. Mi sento in dovere di spezzare una lancia a favore di coloro che alimentano il dibattito sulle questioni ambientali sfruttando gli strumenti di cui dispongono: internet e i social media.
 
È proprio grazie a questo particolare tipo di divulgazione che mi sono avvicinata ai grandi temi del cambiamento climatico e della salvaguardia dell’ambiente. Argomenti che per me erano sconosciuti fino a qualche anno fa e che probabilmente lo sono ancora per molti. Coloro che non vogliono fronteggiare la realtà devono essere piuttosto bravi a nascondersi: siamo bombardati da campagne di sensibilizzazione, condotte con grande maestria anche dalla pubblicità, dal marketing e dalle più influenti multinazionali (la cui buona volontà è tutta da valutare, la minaccia di green washing è sempre dietro l’angolo).

Per quanto l’operare del singolo individuo sia fondamentale e non vada mai sottovalutato, è necessaria – per non dire obbligatoria – una reale presa di posizione, e di coscienza, da parte della politica. E quando parlo di politica non voglio limitare la discussione ai soli partiti che si definiscono “verdi”: l’emergenza climatica non può essere una tematica isolata a cui dare o non dare credito. Chi crede di cavarsela operando minuscoli cambiamenti nel sistema per garantirsi il voto, specialmente dei giovani elettori, sta sbagliando i conti: le richieste per migliorare e salvare il pianeta sono tante e difficili.

Nessuno vuole insabbiare questa dura realtà: non sarà facile, ma è ancora più pericoloso continuare su questa strada dissestata. Quello che manca è un dialogo costante sul clima: un moto perpetuo di discussioni, confronti, lezioni tenute da esperti e che potrebbero fornire indicazioni valide per tentare di rimediare agli errori del passato.

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Quando si criticano in modo strumentale le manifestazioni per il clima, si sta danneggiando uno dei mezzi con cui i giovani mostrano di far vedere che si, hanno paura, ma che intendono andare avanti per cambiare il futuro. Quando si insinua il dubbio che la maggioranza di queste persone che partecipano alle manifestazioni ambientaliste lo farebbero per seguire la moda ci si sbaglia, ed io mi chiedo una volta che una campagna di sensibilizzazione così importante ha un seguito perché dovrebbe essere ostacolata?  La mia è naturalmente una domanda retorica.

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