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di Elena La Verde
Che fine hanno fatto i supereroi della comunicazione rapida, personalizzata e veloce? Renzi, Salvini e Trump? Solo per citarne alcuni, anche se l’elenco sarebbe molto più lungo. Hanno vissuto l’ebbrezza di viver qualche mese da leoni per poi piegare tutto d’un tratto la criniera. Com’è potuto accadere? Il fatto è che, come dice Mazzoleni, siamo nella politica pop. Lo scrive apertamente nel suo libro “Politica pop. Da Porta a porta a L’isola dei famosi”. È proprio così: la politica è pop, come la musica che si ascolta per divertimento; pop come i popcorn, che si mangiano al cinema durante la visione di un film.E, in questi ultimi anni, la politica ha decisamente preso il gusto scoppiettante, forte e salato di questi snack americani. Ma tralasciando il paragone – forse anche un po’ salato – con i popcorn, è più che giusto affermare che oggi viviamo nella politica pop.
Che cosa s’intende?
Per farla breve, cercando di semplificare il più possibile l’argomento e invitando a leggere e ad approfondire l’ampia letteratura in materia, con questa espressione si vuole sottolineare il fatto che attualmente ogni politico tende a comunicare i propri messaggi e contenuti secondo logiche tipiche dell’intrattenimento, dello spettacolo e della cultura di massa. Come le popstar cercano di monopolizzare la scena artistica per conquistare sempre più fan, che sono in grado di sostenere la loro scalata al successo, così i leader politici si fanno spazio nell’arena pubblica per conquistare fette sempre più ampie di elettori, che sono in grado di sostenere la loro ascesa al successo elettorale. A partire da Donald Trump, l’ex presidente degli Stati Uniti, sono tanti i nomi dei politici che fanno uso di questo tipo di comunicazione persuasiva, che li spinge a dover essere sempre di tendenza e nei casi più estremi, ad essere ricordati per decenni. Sono un po’ come gli influencer? Può darsi, ma in verità è la comunicazione politica ad essere cambiata sotto ogni punto di vista. Non ci si avvale solo dei mezzi tradizionali.
Qualsiasi politico, infatti, a prescindere dallo schieramento al quale appartiene, sceglie di parlare ai propri elettori affidandosi, nella maggior parte dei casi, quasi esclusivamente ai canali digitali, facendo di questi ultimi un elemento prioritario all’interno della sua strategia comunicativa. Da Facebook a Twitter, da Instagram a Tiktok, nessuna piattaforma resta esclusa quando si deve preparare una campagna elettorale e l’obiettivo principale diventa l’allargamento del proprio elettorato e il conseguente ottenimento di un più ampio numero di voti. In questo modo, il messaggio politico viene costruito e modulato su schemi linguistici e narrativi tipici, che tengono conto non soltanto del pubblico di riferimento, ma anche della personalità del leader in questione, nonché dell’insieme dell’universo dei simboli e dei valori che la sua stessa immagine pubblica connota.
Eppure, nonostante questo massivo impiego dei canali digitali, non sempre si comunica efficacemente e i risultati previsti e la visibilità sperata non incidono in modo permanente, ma hanno effetti a breve termine; il cittadino elettore viene persuaso da retoriche usa e getta, che risultano forti e convincenti solo in un dato periodo, ma che poi risultano difficili da riusare in altri contesti, a meno che non vengano artatamente riviste. Di conseguenza, le preferenze, gli orientamenti e gli stessi argomenti degli elettori cambiano spesso e sono volatili come ogni moda che passa: un giorno si sta di qua, un altro di là, un giorno si opta per un qualcosa, un altro ancora per qualcos’altro.
E’ un ciclo perenne e continuo, in cui si alternano e si perseguono diverse logiche, che ricordano le diverse fasi di vita di un prodotto commerciale: all’inizio, ben pubblicizzato e ben confezionato, attrae e attira l’attenzione del pubblico consumatore, finché, una volta passata la novità, viene presto dimenticato a favore di un altro. Così, quello che doveva essere l’optimum di produzione, il miglior prodotto sul mercato, va nel dimenticatoio e finisce col marcire in un angolo del supermercato.
Questa stessa sorte tocca ai messaggi politici e, con loro, anche a chi li ha pronunciati: molti leader politici, dapprima vengono visti come la rivoluzione capace di sovvertire un sistema corrotto, e poi alla fine sono considerati come la degenerazione dei costumi della società.
Da stelle destinate a guidare il sentiero a meteore destinate ad esplodere, che lasciano dietro di sé il nulla. E intanto, il cittadino elettore, tra una scelta e l’altra, continua a mangiare i suoi popcorn, godendosi il film di questa politica pop.
E’ un ciclo perenne e continuo, in cui si alternano e si perseguono diverse logiche, che ricordano le diverse fasi di vita di un prodotto commerciale: all’inizio, ben pubblicizzato e ben confezionato, attrae e attira l’attenzione del pubblico consumatore, finché, una volta passata la novità, viene presto dimenticato a favore di un altro. Così, quello che doveva essere l’optimum di produzione, il miglior prodotto sul mercato, va nel dimenticatoio e finisce col marcire in un angolo del supermercato.
Questa stessa sorte tocca ai messaggi politici e, con loro, anche a chi li ha pronunciati: molti leader politici, dapprima vengono visti come la rivoluzione capace di sovvertire un sistema corrotto, e poi alla fine sono considerati come la degenerazione dei costumi della società.
Da stelle destinate a guidare il sentiero a meteore destinate ad esplodere, che lasciano dietro di sé il nulla. E intanto, il cittadino elettore, tra una scelta e l’altra, continua a mangiare i suoi popcorn, godendosi il film di questa politica pop.