di Linda Salvetti
Siamo tutti stanchi del “bla bla bla” dei leader di cui parla Greta Thunberg. La vera tragedia che è in atto sul nostro pianeta ogni giorno, non risuona tanto dai microfoni dei nostri leader politici, né è percepita solo perché urlata dai megafoni degli ambientalisti. La scomparsa dei luoghi naturali e della loro biodiversità, il mondo naturale in tutta la sua varietà e meraviglia sta venendo meno e il pianeta sta diventando un luogo inabitabile. A notarlo siamo tutti noi, proprio noi che ne siamo i principali responsabili.
In epoca pre-industriale, il pianeta terra era abitato da circa 2,3 miliardi di persone, con un 66% di natura incontaminata e una concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera di 280 parti per milione. Oggi, secondo Enea – l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile – la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera è pari a circa 415 parti per milione, con una crescita della popolazione mondiale che è salita a 7,8 miliardi e una drastica riduzione degli spazi di natura incontaminata, che contano solo il 35%.
Si capisce la profonda differenza fra ieri e oggi. Questo stato di cose ha portato a danni irreversibili: dall’aumento di gas serra al riscaldamento globale; dallo scioglimento dei ghiacciai alla scomparsa delle foreste distrutte dagli incendi nella costa occidentale degli Stati Uniti e in Australia; dalle invasioni delle gigantesche cavallette che hanno devastato pascoli e vegetazione nel Corno d’Africa, fino alle inondazioni, agli uragani e poi alle incontenibili alluvioni dall’Europa all’India. Questi sono solo alcuni dei peggiori scenari figli del clima impazzito.
Come possiamo porre rimedio a un luogo che corre il rischio di diventare inabitabile?
Stando a Greta Thunberg “un altro mondo è possibile”. È un mondo dove la vita sul nostro pianeta torna ad essere un vero portento. Allo stesso tempo ci avverte che se compiamo atti non sostenibili, nessun ecosistema si salverà.
Se razziamo l’oceano dai suoi frutti, le culture intensive esauriscono i terreni e gli allevamenti addomesticano gli unici animali rimasti, non resterà che l’estinzione di ogni specie, compresa la nostra.
Ebbene, dovremmo tornare ad essere parte della natura che abbiamo ereditato, preservarla e non contaminarla con i nostri rifiuti. Ritrovare il ritmo gentile delle stagioni e ristabilire l’equilibrio degli habitat e della stessa biodiversità.
Per concludere, la rivoluzione ecologica è il cambio di passo che ci chiede Greta. Un mantra che dobbiamo tradurre in atti concreti nel tempo, accompagnati dalla trasformazione dei passati paradigmi energetici. Ce lo chiede non solo Greta, ma ce lo chiede il pianeta stesso. Soprattutto oggi per l’economia e l’assetto idrogeologico, lo chiediamo noi stessi.