Quanto esplorò e conobbe quel messer Marco Polo

Mercanti, viaggiatori e diplomatici: La famiglia Polo, il viaggio attraverso l 'Asia e l 'incontro con Kubilai Kan a Bukhara

Quanto esplorò e conobbe quel messer Marco Polo
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Gabriella Piccinni Modifica articolo

3 Settembre 2021 - 22.35


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di Gabriella Piccinni

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“Fino a oggi, da quando Iddio Signor Nostro plasmò colle sue mani il nostro primo padre Adamo, non ci fu mai nessuno, né cristiano, né pagano, né tartaro, né indiano, né d’altra razza che si voglia, che abbia conosciuto ed esplorato delle diverse parti del mondo, e delle sue grandi meraviglie, quanto ne esplorò e ne conobbe questo messer Marco”.

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Con queste parole Rustichello da Pisa, uno scrittore di romanzi di cavalleria, presentava al pubblico nel 1298 il Milione, di Marco Polo. Si trattava del resoconto di un lungo viaggio, anzi di una serie di viaggi, che i due fratelli veneziani Matteo e Nicolò Polo e poi il figlio di Nicolò, Marco, avevano fatto attraverso l’Asia dal 1260 al 1295. Questo racconto era un po’ storia, un po’ libro di avventure, un po’ diario dei costumi di altri popoli, un po’ favola.

Seguiamo l’itinerario dei due mercanti, così come al loro ritorno lo raccontarono a Marco che aveva appena quattro anni quando loro erano partiti. Salpati da Venezia su una nave carica di mercanzie varie e preziose, sostarono a Costantinopoli, vendettero il loro carico, si rifornirono di altre ‘gioie’ e ripartirono per mare alla volta della Crimea, dove Venezia aveva una sua base.
Seguiamoli mentre formano da lì un piccolo gruppo che continua verso il Volga. Guardiamoli chiedere protezione al sovrano della zona, offrire le ‘gioie’ acquistate a Costantinopoli, ricevere in cambio altri doni preziosi e poi tornare indietro senza apparente motivo, forse alla ricerca di un altro percorso. Eccoli giungere a Bukhara e lì rimanere fermi tre anni in attesa che si calmino gli scontri militari e le spedizioni dei mongoli.

 

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È lì, a Bukhara, che arrivano gli inviati di Kubilai Kan sovrano dei mongoli. Cercano proprio loro, i mercanti veneziani, e hanno l’ordine di condurli a Karakorum al cospetto del loro sovrano. I Polo gli presentano i prodotti dell’occidente, gli parlano della Cristianità e il Gran Kan li rispedisce in Italia con una missione diplomatica. Si rechino dal papa e tornino da lui insieme a cento sapienti che gli illustrino la dottrina cristiana. L’incontro con il Gran Kan rappresenta la svolta nelle spedizioni dei Polo. Vendere e comprare merci passa in secondo piano e cominciano a prevalere i viaggi di attività diplomatica e l’incontro e la conoscenza delle reciproche culture.

 

I Polo ripartirono dall’Italia nel 1271 non con i cento sapienti ma con due soli frati domenicani abilitati dal papa ad ordinare vescovi e preti (li persero poi lungo la strada, sembra spaventati dai pericoli del viaggio), con un po’ di olio santo della lampada del Santo Sepolcro e accompagnati da Marco, figlio di Nicolò, ormai quindicenne. Il nuovo viaggio lo tenne lontano venticinque anni, dal 1271 al 1295.

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Marco, che parlava ormai quattro lingue, rimase per diciassette anni alla corte di Kubilai che lo utilizzò come ambasciatore in terre lontane del suo impero, fino all’India. Dei paesi che conobbe descrisse usi e costumi. Parlò, tra le altre cose, dell’organizzazione delle poste e delle stazioni di cambio – più di diecimila, una ogni 25-30 miglia – usate per inviare i messaggi e come tappe per i viaggiatori. Nel 1292 ripartì dalla Cina e affrontò un viaggio questa volta quasi tutto via mare. Dopo tre anni rientrò a Venezia: era passato da Sumatra, dal golfo Persico, aveva proseguito via terra attraverso la Turchia fino a Trebisonda, poi aveva attraversato il Mar Nero fino a Costantinopoli.

 

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I Polo non furono un’eccezione, ma solo la punta avanzata di un movimento più vasto che spostò viaggiatori dall’Europa all’Oriente. Negli stessi anni si tentavano prime avventure nell’Atlantico. Nel 1291, duecento anni prima di Colombo, i genovesi Ugolino e Vadino Vivaldi armarono due navi per tentare una spedizione audacissima: anche se l’impresa fallì quando furono inghiottiti dalle acque in prossimità delle Canarie, la loro idea temeraria consisteva nel raggiungere ‘le Indie’ per la via dell’Atlantico circumnavigando l’Africa (ad partes Indiae per mare oceanum).

 

La spedizione dei Vivaldi era, dunque, ancora una parte della storia dei viaggi duecenteschi degli europei verso oriente. Del resto, per paradosso, di tutti i viaggi di mercatura, diplomazia, missione, esplorazione verso Oriente, distribuiti sull’arco di un secolo e mezzo, sarà la sintesi proprio l’uomo della scoperta di un nuovo Occidente. Fu così che Cristoforo Colombo, che, come i fratelli Vivaldi, voleva arrivare in Asia passando per l’Oceano – questa volta girando intorno al globo – e si limitò a ‘scoprire’, senza saperlo, le prime isole di un continente, fallì lo scopo. Ed è certo che anche i Vivaldi, se non avessero fatto naufragio nell’oceano mentre cercavano di girare intorno all’Africa, avessero incontrato isole e terre a loro sconosciute, come Cristoforo non avrebbero capito dove erano capitati.

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Le scoperte connesse ai grandi viaggi verso occidente che seguirono quelli di Colombo e la comprensione che erano effettivamente state scoperte nuove terre, sono tutta un’altra storia, e da questo punto di vista, davvero, non è più storia del medioevo.

Di seguito gli articoli precedenti della rubrica “Viaggiando con la storia”

1) Clicca qui per leggere il primo articolo “Tappeti volanti e stivali magici” 

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2) Clicca qui per il secondo articolo:”Sul filo della corrente, col favore del  vento, anche le strade muoiono

3) clicca qui per il terzo articolo:”C’ è una strada nel bosco”

4)Clicca qui per il quarto articolo: ” Prima che faccia scuro, i pericoli della notte”

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5)Clicca qui per il quinto articolo:“Con bisaccia e bordone il pellegrino va per le sue  vie”

6) Clicca qui per il sesto articolo: “Alla scoperta dell’ Asia. Di ciotola di riso in ciotola di riso”

7) Clicca qui per il settimo articolo: “ Personaggi sulla strada. Il mercante in fiera”

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