Cosa hanno in comune questi paesi: Afghanistan, Antigua y Barbuda, Arabia Saudita, Bahamas, Bahrain, Barbados, Belize, Botswana, Brunei, Cina, Corea del Nord, Dominica, Egitto, Etiopia, Granada, India, Indonesia, Iran, Iraq, Giamaica, Giappone, Kuwait, Libia, Maldive, Oman, Pakistan, Papua Nuova Guinea, Qatar, Singapore, Sud Sudan, Sudan, Siria, Tonga, Trinidad e Tobago, Uganda Stati Uniti, Yemen?
Sono i paesi che hanno votato contro la risoluzione proposta il 17 novembre alle Nazioni Unite da 120 stati membri, per rilanciare la moratoria sulla pena di morte, considerata una forma di punizione intrinsecamente crudele e irrevocabile. Nel dibattito su questa nuova richiesta di moratoria una proposta di emendamento fatta da Singapore a nome di 33 paesi chiedeva di riconoscere “il diritto sovrano di ogni paese a sviluppare il proprio sistema giuridico, inclusa la determinazione delle appropriate punizioni legali”.
La risoluzione riconosceva che le donne sono soggette a una applicazione discriminatoria della pena di morte e che gruppi di persone svantaggiate o di minoranze erano rappresentate in modo sproporzionato tra i condannati a morte. Si chiedeva anche ai governi di usare una esplicita e trasparente comunicazione nel pubblicare l’età, il sesso, la razza e la nazionalità delle persone nel braccio della morte, di informare sul numero dei condannati, di chi attende l’esecuzione e di chi ha visto modificata la condanna.
La precedente moratoria, approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2007, aveva mostrato un crescente consenso contro la pena di morte, anche se a fine 2019 le persone in attesa della pena di morte, già condannate, erano 26.604.
Il paese con maggior numero di condanne e di esecuzioni è la Cina, seguita dall’Iran, ma numerosi sono anche i casi in Pakistan, Bangladesh, Indonesia. Malaysia e Sri Lanka, che pure hanno un numero molto elevato di condannati a morte, hanno votato a favore della moratoria, mentre Myanmar, Thailandia e Vietnam si sono astenuti.
L’Asia è il continente dove il rapporto degli stati a favore è più elevato rispetto ai contrari: 11 governi hanno infatti rigettato la proposta di moratoria, mentre 15 hanno votato a favore e altri si sono astenuti. “Il numero scioccante di persone sedute nel braccio della morte in Asia rende la regione un’aberrazione nel movimento globale verso l’abolizione della pena di morte”, ha commentato Phil Robertson, direttore di Human Rights Watch per l’Asia.
La decisione di votare contro, presa dal rappresentante americano nell’Assemblea delle Nazioni Unite, è passata quasi sotto silenzio, il segno che probabilmente nemmeno la nuova Amministrazione Biden, che ha vinto le elezioni e andrà a gennaio alla Casa Bianca, sarà in grado di svolgere su questo terreno una rottura decisa e chiara con quelle precedenti.