Giornalista israeliano malato di Sla torna in tv grazie all'intelligenza artificiale

Jonathan Pacifici racconta l'unicità del caso Nussbaum, che è riuscito a tornare in onda grazie a un avatar nonostante le condizioni fisiche.

L'avatar di Moshe Nussbaum
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8 Gennaio 2025 - 12.44


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Moshe Nussbaum, uno dei volti più amati e rispettati fra i giornalisti israeliani, è riuscito a sedersi in studio per la prima volta nelle vesti di Avatar a un anno dall’interruzione delle sue apparizioni a causa della Sla, una malattia neurodegenerativa che porta alla progressiva perdita delle capacità motorie e respiratorie. Non esistono al giorno d’oggi delle cure specifiche, ma dei trattamenti per migliorare e facilitare la vita dei pazienti che ne sono affetti.

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In seguito all’annuncio pubblico della sua diagnosi nel 2022, “Nussi” ha continuato le dirette del tg di Channel 12 per quasi due anni, anche se con crescenti difficoltà. “In un altro paese Moshe avrebbe rinunciato da tempo, in un altro paese il canale (e il pubblico) non avrebbero avuto pazienza per un cronista che parla al rallentatore in prima serata. Non in Israele, dove è andato avanti finché umanamente possibile e ora anche oltre” dichiara l’imprenditore italo-israeliano Jonathan Pacifici.

Nella diretta Nussbaum ha specificato che sarà lui a scrivere i testi dei suoi servizi, che saranno attivi tra alcune settimane, dichiarando quanto sia strano ma incredibilmente emozionante poter essere di nuovo in studio. Nonostante sia stato riconosciuto sui social come l’uso migliore che si possa fare dell’AI, non sono di certo mancate le critiche inerenti l’utilizzo di un avatar, soprattutto nel campo dell’informazione.

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In un tweet successivamente rimosso Shai Goldstein, cronista di Channel 14, ha definito il cronista virtuale come un segno della sempre più presente mancanza di realtà nell’informazione. Il problema dei prossimi anni sarà quello di regolamentare l’AI, e saperne gestire l’uso in situazioni completamente nuove senza che ne venga distorto il senso etico.  Pacifici conclude sostenendo l’unicità di Israele, come un paese all’avanguardia che si fa portatore dell’innovazione in campi ancora inesplorati.

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