di Manuela Ballo e Marialaura Baldino
Nella società polarizzata dal punto di vista sia politico che etico e con un ecosistema mediale sempre più ibridato, l’inciviltà della politica passa da essere tattica a essere strategica, divenendo una risorsa sia per i marchi dei singoli leader che per le diverse formazioni politiche.
Non è un fenomeno nuovo, nuova è semmai la forma strutturata in cui si presenta e che riguarda le tante diverse aree dell’arena pubblica.
Partendo da alcune di queste considerazioni, la presentazione del libro di Sara Bentivegna e Rossella Rega “La politica dell’inciviltà”, edito qualche mese fa da Laterza, è stata l’occasione per un confronto serrato tra le diverse forme in cui questa inciviltà si esplica. A dar luogo a questo confronto sono stati, oltre alla coautrice Rossella Rega, i docenti Tiziano Baldini Bonini, Maurizio Boldrini, Guido Legnante e Carlo Sorrentino. Di fronte a tante studentesse e studenti presenti, ha moderato il Professor Giovanni Gozzini, il quale ha aperto il dibattito citando il filosofo e sociologo tedesco Theodor W. Adorno, rimarcando le quattro considerazioni fatte dallo studioso durante il periodo trascorso negli Usa.
La ricostruzione storica delle diverse fasi e il ruolo dei singoli attori politici (da Trump a Renzi a Salvini) è un tratto decisivo del libro che è stato presentato, che attraverso questo filo logico, ci fa capire come si sia evoluta la pratica dell’inciviltà fino al raggiungimento dell’attuale stadio, che è quello di un vero e proprio spettacolo dell’inciviltà.
Tutti d’accordo quindi? No.
Tiziano Baldini Bonini ha messo in risalto come la componente ideologica venga troppo facilmente espulsa dal contesto della valutazione di questa pratica e come sia difficile definire oggi ciò che è civiltà e ciò che non lo è, non potendosi limitare a denunciare le forme attraverso le quali politici e gli stessi giornalisti agiscono.
Le risorse della civiltà e dell’inciviltà vanno sempre messe in relazione al carattere del potere che si esercita, inquadrandolo in una determinata fase storica e alle parti sociali che lo compongono. Da questo punto di vista e su quanto dibattuto dall’oratore precedente, ha concordato anche il Professor Maurizio Boldrini, soprattutto in merito a ciò noi definiamo civiltà, che può essere addirittura vista o letta come uno strumento per silenziare il dissenso e mantenere intatte le gerarchie sociali e politiche.
Questo dilemma è stato rilanciato dal Professor Legnante, il quale ha ragionato sui caratteri dell’attuale democrazia e sui rapporti che si instaurano tra masse ed élite all’interno di essa. Spesso i fraintendimenti, a suo modo di vedere, sono derivanti da un uso sbagliato delle piattaforme e dei social e dall’incapacità, da parte delle istituzioni, di ascoltare i pareri dei cittadini, sottolineando, in questo ambito di confronto, l’ambiguità dei media.
Sul ruolo dei giornalisti, chiamati ripetutamente in causa, si è soffermato, invece, il Professor Carlo Sorrentino, il quale ritiene che alcune forme di giornalismo del passato siano ormai totalmente superate e che alcune di queste, quelle estremamente spettacolarizzate, siano esse stesse causa di fenomeni legati all’inciviltà, essendo saltato ogni sistema di intermediazione tra la politica e il pubblico.
Il giornalista, avendo perso il potere di mediatore, conseguentemente ne deriva il fatto che: “I social inscrivono più persone al gioco dell’inciviltà”. Secondo Sorrentino, quindi, il giornalismo può rilegittimarsi trovando nuove forme di pratiche professionali, tra le quali quelle del Community Journalism e Constructive Journalism, che chiamano in causa una pluralità di attori che puntino ad avvicinarsi al più possibile ai fatti, allontanandosi dalla spettacolarizzazione e cercando notizie dalla positività valoriale.
Naturalmente è toccato alla coautrice Rega replicare i tanti diversi punti di vista esposti durante la lunga discussione. Lo ha fatto non leggendo, ma riproponendo quella parte del libro nella quale le due scrittrici si schierano apertamente contro lo spettacolo incivile della politica. Ciò che sta accadendo in questi giorni nel mondo ripropone, per intero, il dilemma di cosa sia civiltà e cosa sia inciviltà. Vi sono rivolte che hanno un senso perché fanno progredire la civiltà, mentre altre continuano, seppur in modi diversi, a raccontarci di una società incivile.
Riprendiamo noi il finale del libro che ci serve più facilmente a spiegare le posizione delle due docenti: “Negli ultimi anni in particolare, dinanzi a una deriva incivile della politica, non solo è emersa una propensione alla resilienza da parte della cittadinanza, ma anche una capacità di ridefinire i meccanismi e le dinamiche del gioco politico, orientandolo in una direzione opposta”.