di Elena La Verde
Fare l’influencer oggi è un lavoro a tutti gli effetti. Se ci sono ancora degli scettici a riguardo, credo che dovranno presto ricredersi e prendere atto della realtà dei fatti. L’influencer è una professione e su questo c’è poco da discutere. Anche le istituzioni lo hanno riconosciuto con la disposizione di regolamentazioni, sempre più stringenti, in materia.
Tra queste, la più recente è stata notizia di questi giorni. Il Parlamento Europeo ha approvato il decreto “influencer”, così ribattezzato dalla stampa, di cui si attende nelle prossime ore la pubblicazione del testo sulla Gazzetta Ufficiale. Semplificando il discorso, si tratta della Direttiva UE 2019/2161, che contiene importanti misure per proteggere i consumatori, in particolare i minori, contro la pubblicità ingannevole sulla rete. Nel decreto, si fa riferimento anche agli influencer, che devono seguire determinate regole per sponsorizzare i loro prodotti e servizi, in particolare quando si rivolgono ad un pubblico composto perlopiù da giovani e giovanissimi. Per cui, i fatti parlano chiaro.
La questione poi diventa un’altra, nel momento in cui si esprime il proprio parere e si dà un giudizio riguardo a questi nuovi mestieri, frutto della progressiva evoluzione tecnologica degli ultimi anni. Ma i pensieri restano pensieri, i fatti sono fatti. E che fare l’influencer sia un lavoro, è certamente un dato di fatto, anche se questo può sembrare strano e si può fare fatica ad abituarsi.
Con la diffusone dei social media, infatti, molte persone hanno cominciato ad intuire le grandi potenzialità offerte dalla rete e, provando e riprovando, inventandosi e reinventandosi, hanno scoperto quali fossero le forme più adatte su cui fare leva per poter trarre e ricavare da essa profitto. Da qui, derivano le nuove figure professionali legate al mondo della rete. Su di loro, la gran parte delle imprese ha deciso di puntare, avvalendosi del loro supporto per la promozione di determinate campagne di comunicazione, diventandone i volti e i testimonial principali. Si affermato così, in questi anni, l’influencer marketing, per cui gli influencer sono visti come il miglior medium per promuovere prodotti e servizi sul mercato, poiché sono in grado di raggiungere vari segmenti di pubblico, sempre più variegati e ampi da una parte, e più specifici e di nicchia dall’altra. In questo modo, determinati prodotti, essendo sponsorizzati dagli influencer, diventano popolari sui social e registrano l’esaurito dopo qualche mese che sono stati immessi nel mercato di vendita.
Negli ultimi tempi, questo copione sembra esservi invertito. Mentre Instagram continua a rimanere l’Olimpo degli influencer, che pubblicizzano i prodotti, a suon di sponsorizzazioni e #adv sparsi tra un post e un altro, TikTok invece è diventato il regno della sottocultura della tendenza del deinfluencing, in cui i deinfluencer elencano tutta una serie di prodotti che non acquisterebbero e che non riacquisterebbero mai più nella vita, spiegando apertamente i motivi per cui non consiglierebbe di fare quella determinata scelta di acquisto.
I deinfluencer sono la controparte degli influencer, tuttavia non sono come quest’ultimi. Ci sono delle differenze. Mentre i secondi suggeriscono cosa comprare e sono pagati per farlo, in quanto è di fatto il loro lavoro, i primi, invece, sono utenti comuni, che suggeriscono cosa non comprare e non ricevono alcun compenso monetario per farlo. Il loro scopo è di invitare i consumatori ad essere meno impulsivi e più consapevoli dei loro acquisti, portandoli a riflettere e a non farsi affabulare dal marketing della rete.
Non sono, quindi, degli utenti che vogliono recensire prodotti che a loro avviso sono negativi. No, niente di tutto questo.
I deinfluencer sono utenti che anzi vogliono dire no ad un tipo di pubblicità che si basa esclusivamente su giudizi positivi, no a prodotti che vengono venduti solo perché sponsorizzati dagli influencer, no all’eccessivo consumismo, di cui Instagram è diventato la vetrina per eccellenza. Ad essere colpito particolarmente dal deinfluencing è soprattutto il mondo legato al beauty e alla skincare, ossia al trucco e alla cura della pelle, del viso e del corpo.
Attualmente, è un fenomeno che sta spopolando su TikTok: il suo hashtag dedicato conta più di 350 milioni di visualizzazioni ed è numero destinato sicuramente ad aumentare. C’è chi sostiene che sia un trend passeggero, ma in verità è un fenomeno risalente ad anni fa, solo che in quel frangente non ha conosciuto la grande eco mediatica di adesso.
Siamo nel 2015 e su YouTube. In principio, sulla piattaforma venivano spesso pubblicato gli haul, ossia una tipologia di video in cui le persone si divertivano a mostrare i loro acquisti, una volta compiuti. La loro presenza era diventata talmente pervasiva sulla piattaforma, che ad un certo punto, per contrastarli, sono stati concepiti gli anti-haul, attraverso cui gli utenti si divertivano ad elencare gli acquisti che non comprerebbero in vacanza. Se nel 2015, il fenomeno non ha conosciuto molta popolarità, perché adesso invece sta avendo una certa dose di attenzione?
I tempi non erano maturi, forse, e la figura degli influencer all’epoca non era messa così tanto in discussione come oggi.
L’arrivo di TikTok, del colosso cinese, ha un po’ capovolto le carte in tavola. Con le sue logiche, TikTok ha democraticizzato alcuni processi, per cui risulta più facile arrivare e ad un vasto pubblico, anche se si hanno pochi followers o poco seguito.
Su Instagram, questo risulta più difficile, a meno che non si abbiano già un vasto seguito, cosa che gli influencer hanno e che li rende pertanto le voci principali nella comunicazione del social.
Alla luce di quanto descritto, risulta difficile dire se il defluencing avrà importanti conseguenze sull’ influencer marketing.
Che ne sarà quindi di questo fenomeno? E che dire della figura dell’influencer, che è stata messa in discussione? Per il momento, solo una cosa è sicura: il deinfluencing su TikTok mostra che tutti possono dire la loro ed essere ascoltati, anche senza avere un vasto seguito.
E di fronte a questa sfida, oggi agli influencer non viene chiesto di essere visibili, ma di essere più credibili.