Si è spento, nella giorata di ieri, Sergio D’Angelo, nella sua casa di San Martino al Cimino. Fu proprio lui che rese celebre in tutto il mondo l’opera letteraria più importante di Boris Pasternak, Il dottor Zivago; lo stesso autore e scrittore russo, impaurito dalle forti pressioni del regime sovietico, tentò di evitarne la pubblicazione.
Nel corso del 1957 però, il romanzo fu pubblicato in Italia per Feltrinelli, solo dopo che nell’autunno dell’anno prima D’Angelo riuscì a portarlo fuori dall’URSS in gran segreto. In patria, Il dottor Zivago era stato censurato per via delle critiche non troppo celate verso il comunismo.
Fu Pasternak in persona a consegnare il dattiloscritto a Sergio D’Angelo, dopo avergli raccomandato: «Questo è Il dottor Zivago, che faccia il giro del mondo». Consapevole del rischio che correva, infine, aggiunse: «Fin d’ora, siete tutti invitati alla mia fucilazione».
Nato nella Capitale, D’Angelo iniziò a lavorare come giornalista a Radio Mosca negli anni Cinquanta. Uomo dalle spiccate doti intellettuali, molto legato alla moglie Giulietta e ai suoi due figli. Lo scorso ottobre, in occasione del centenario, la figlia Francesca ha spiegato come il padre considerava la pubblicazione del manoscritto dello scrittore russo «l’avventura della sua vita e ne aveva sempre parlato tutta la vita».