Ecco chi, nel marzo 2010, propose a Marcello Dell’Utri l’acquisto di Lampi sull’Eni, uno dei capitoli “mancanti” in Petrolio, l’incompiuto romanzo di Pier Paolo Pasolini.
In Petrolio di Pier Paolo Pasolini si è più volte ipotizzata la mancanza di un capitolo, l’Appunto 21, che ha per titolo Lampi sull’Eni. La discussione resta aperta tra chi lo ritiene scritto e indebitamente sottratto e chi invece pensa che quel titolo fosse solo un promettente promemoria su cui l’autore sarebbe tornato in seguito.
Chi lo dà per scritto, e dunque deliberatamente tolto dal romanzo, ha gioco facile nel rammentare che lo stesso Pasolini proprio in Petrolio scrive: «Per quanto riguarda le imprese antifasciste, ineccepibili e rispettabili, malgrado il misto della formazione partigiana guidata da Bonocore, ne ho già fatto cenno nel paragrafo intitolato Lampi sull’Eni, e ad esso rimando chi volesse rinfrescarsi la memoria».
Altri autorevoli studiosi, in punta di filologia, lo ritengono una specie di segnalibro, ma stando al compianto poeta Attilio Bertolucci, quel capitolo Pasolini l’aveva scritto e poi qualcuno assai vicino alla famiglia lo avrebbe sottratto. Bertolucci è mancato nel giugno del 2000 e non può confermare, ma la dimostrata e deliberata espunzione di altre pagine dall’incompiuto romanzo (come i tre discorsi di Cefis e due pagine su Eugenio Cefis e Enrico Mattei dal titolo Per la carriera di Carlo) compiuta proprio da persone vicine alla famiglia, quanto meno genera sconcerto.
Non per soldi ma per denaro
Un analogo sentimento lo si avverte nell’apprendere che le tanto anelate pagine di Lampi sull’Eni nel marzo 2010 sarebbero state offerte in vendita al senatore e bibliofilo siciliano Marcello Dell’Utri, poco dopo condannato a sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Vediamo come.
Il 2 marzo in una affollata conferenza stampa, Dell’Utri annuncia che avrebbe esposto un inedito di Pasolini alla Mostra del libro antico di Milano il 12 marzo successivo. Ma alla data stabilita l’inedito non c’era. In una teca di vetro, assieme alle prime edizioni delle opere di Pasolini, troviamo invece esposto Questo è Cefis di tale Giorgio Steimetz (un nome di comodo) e, lì accanto, un libro ancora più strano, intitolato L’uragano Cefis. Autore, un altrettanto sconosciuto Fabrizio De Masi.
Dell’Utri si giustifica così: il clamore sorto attorno alla notizia avrebbe «spaventato» chi gli aveva mostrato e promesso l’inedito. Il senatore aveva detto che l’inedito era un capitolo «trafugato» di Petrolio, di cui proprio lui, beffardamente, era entrato in possesso. Una notizia clamorosa due volte: poiché ci saremmo trovati di fronte a pagine di rilevante interesse storico e letterario; e poiché il senatore stava dando (inconsapevolmente?) una “notizia di reato”. «L’ho letto, è inquietante, parla di temi e problemi dell’Eni, parla di Cefis, di Mattei e si lega alla storia del nostro Paese». Presto Dell’Utri si correggerà: «In realtà non l’ho letto… me ne hanno riferito un sunto… sembra che in quelle pagine Pasolini parli dell’Eni… di Cefis… di Mattei…». E a Paolo Di Stefano (“Corriere della Sera”, 12 marzo 2010), che gli chiede se quei fogli li avesse visti, risponde: «Li ho avuti tra le mani per qualche minuto, sperando di poterli leggere con calma dopo». Che fisionomia avevano? «Una settantina di veline dattiloscritte con qualche appunto a mano». Poi si preciserà che sono esattamente 78 «di un totale di circa duecento». Potrebbe essere il famoso capitolo mancante, intitolato Lampi sull’Eni? Risposta: «Più esattamente Lampi su Eni».
La polizia indaga
Sentito il 22 aprile 2010 dal sostituto procuratore romano Francesco Minisci, che sta indagando sulla morte dello scrittore, Dell’Utri riferisce che il 1° marzo di quell’anno «mi si è avvicinata una persona di circa 60 anni che io non conoscevo, dicendomi di essere in possesso di importanti documenti relativi a Pier Paolo Pasolini. In particolare mi mostrò un dattiloscritto (con apposte alcune correzioni a penna o a matita) dicendomi che si trattava del capitolo di Petrolio che era stato trafugato, e dunque mai pubblicato. Io ho preso in mano il testo formato da fogli ingialliti di carta velina senza però avere il tempo di leggerne il contenuto. Ed infatti l’ignota persona lo riprese, dicendo che mi avrebbe contattato lui per consegnarmelo».
E sin qui… Ma ora si presti molta attenzione al seguito: dice il senatore che «in quella stessa occasione» l’ignoto «mi consegnò due libri, uno dal titolo Questo è Cefis (pubblicato nel 1972 e fatto immediatamente ritirare dal mercato dallo stesso Cefis) e l’altro dal titolo L’uragano Cefis, mai pubblicato e scritto nel 1975. L’ignoto mi disse che quello che era scritto sul dattiloscritto in gran parte compare nei libri che mi ha consegnato. Io gli chiesi di darmi un recapito per poterlo contattare, ma questa persona mi disse che mi avrebbe contattato lui (ed infatti gli ho dato il mio numero del telefono). Tuttavia da quella data non si è fatto più sentire. Si tratta di un soggetto che non avevo mai visto prima né ho visto in seguito ma sarei in grado di riconoscerlo». Dunque, stando a Dell’Utri, Lampi sull’Eni esiste, lui l’ha visto e terrebbe conto di quanto Giorgio Steimetz (uno dei molti pseudonimi utilizzati dal giornalista e saggista Luigi Castoldi) ha scritto in Questo è Cefis, un libro che Pasolini possedeva in fotocopia.
Andiamo ora a quanto dice Riccardo Antoniani ne L’Italia nel petrolio, scritto con Giuseppe Oddo, ora in libreria per Feltrinelli. Lo studioso incontra Dell’Utri a Roma nel 2012, e il senatore gli rivela «che Castoldi era la stessa persona che gli aveva offerto i due volumi su Cefis». A questo punto l’anonimo latore di Lampi sull’Eni verrebbe ad avere un’identità: quella appunto di Luigi Castoldi, alias Steimetz, l’autore di Questo è Cefis.
Nel 2012 Castoldi era ancora in vita (morirà nel 2021); Antoniani prova allora a sentirlo ma lui preferisce tacere. Allo studioso non resta che rivolgersi a Giuseppe Volontè, socio in affari del Castoldi, e da Volontè ottiene quanto meno la conferma che era stato Castoldi a consegnare i due volumi a Dell’Utri. Dunque, Dell’Utri ricorda bene e dice il vero, ma ai magistrati romani che indagano sulla morte di Pasolini quel nome non lo ha fatto.
Qual buon convento
Chi era Castoldi? classe 1929, monzese, democristiano, ex dipendente Eni, in ottimi rapporti con la Curia milanese, era stato per anni il segretario generale del Comitato per le nuove chiese, un ente morale fondato e presieduto da Mattei e poi da Cefis. Il tutto sotto l’alto patronato dell’arcivescovo di Milano monsignor Giovanni Battista Montini, il futuro papa Paolo VI.
Presto Cefis verrà a sapere la vera identità di “Steimetz”, Castoldi appunto, e invece di querelarlo decide di arruolarlo; per conto di Montedison l’autore di Questo è Cefis stila allora un puntuto ritratto del presidente della Società italiana resine (Sir) Nino Rovelli, grande rivale di Cefis. Viene così dato alle stampe Nino Rovelli, il malaffare (Everest, 1974); lo firma tale Diego Monteplana, ovvero Castoldi.
Non finisce qui: con il suo vero nome Castoldi ha negli anni pubblicato numerosissime monografie presso Egr, acronimo di Editrice giornalisti riuniti, la casa editrice di L’uragano Cefis, una casa editrice di cui questo nostro autore era stato il fondatore assieme a Volontè. E anzi, qui ora preme dirlo, il poliedrico Castoldi è l’occulto facitore anche dell’Uragano. A rivelarlo concorre il raffronto con quanto si legge in Santi senza candele (Egr, 1988), un altro libro in cui Castoldi, questa volta senza camuffarsi, torna a parlare di Cefis parafrasando l’in-edito Uragano.
Comunque sia, la stampa de L’uragano Cefis – e marginalmente di Questo è Cefis – più che un messaggio politico si rivela una sporca operazione-ricatto volta a spillar quattrini all’alto timoniere di Montedison, e Cefis proverà in tutti i modi a impedirne la diffusione. Si può ora aggiungere, e lo ipotizza Antoniani, che la stessa Egr, formalmente fondata nel 1975, «potrebbe addirittura essere nata anche proprio con i fondi ricevuti dalla Montedison per interromperne la diffusione». Di certo, questo secondo pamphlet su Cefis viene stampato in pochissimi esemplari («forse una decina», dirà Volontè a Antoniani, quanto era necessario per condurre in porto il ricatto) e dunque Pasolini non lo vedrà.
Caro amico lo scrivo
Quanto a Lampi sull’Eni, non è dato sapere se Castoldi ne fosse entrato in possesso oppure se avesse agito da intermediario. Ma è anche possibile che di quel dattiloscritto, venalmente, Castoldi fosse l’autore: una truffa ai danni di Dell’Utri, un inganno «in gran parte» basato su ciò che «compare nei libri che» lo stesso Castoldi aveva scritto e che al senatore «ha consegnato». Spillar quattrini: sembra scritto nel codice genetico di questo nostro autore tutto d’un prezzo. Ma se Questo è Cefis e L’uragano Cefis sono libri d’inchiesta tutto sommato ben scritti e documentati, Lampi su Eni sa di apocrifo, e pure maldestramente congegnato. Tanto che, a fronte del grande clamore suscitato dal “ritrovamento” (il 3 marzo 2010 ne parlarono tutti i giornali, e pure le tivù), l’“ignota persona” si eclissò, lasciando il senatore a becco asciutto.
Come dimenticare allora la truffa dei falsi Diari di Mussolini, cinque manoscritti di cui, l’11 febbraio 2007, solo tre anni prima, Dell’Utri disse di essere entrato in possesso. L’argomento tenne banco per molto tempo sui giornali e può aver offerto al Castoldi o ad altri lo spunto per una analoga impresa.
Postilla
Nei giorni scorsi l’avvocato Stefano Maccioni ha meritoriamente promosso una raccolta firme per chiedere la riapertura delle indagini sulla morte di Pasolini. Questa. https://chng.it/GdRGYB8hsw . Sottoscrivete e diffondete.