”Richard Wright mette in scena la profonda solitudine dell’uomo nero nell’America bianca, e il senso di minaccia che accompagna ogni suo istante” afferma Robinson.
L’autore di Ragazzo Negro, Native Son e Fame Americana torna con una raccolta di racconti intitolata Otto uomini, tradotta da Emanuele Giammarco in un libro di 320 pagine pubblicato da Racconti Edizioni al prezzo di 18,00 euro.
Un ragazzo che decide di comprarsi una pistola per diventare uomo. Un uomo che per sopravvivere si finge donna delle pulizie in una casa di bianchi, con gli abusi che si subiscono ad essere l’anello debole della società. Un uomo che per scappare dalla polizia si nasconde per giorni nelle fogne cittadine. Un marinaio che affittando sempre la stessa camera in un ostello di Copenaghen terrorizza per anni il suo ospite. Un uomo che ha visto un’esondazione, un altro che tra alcol e droghe uccide la propria ombra sono solo alcune delle dense storie che troviamo all’interno del volume.
Richard Wright, nipote di ex schiavi, nacque in una piantagione nella Contea di Adams, vicino a Natchez, nel Mississippi, il 4 settembre del 1908.
”La separazione tra bianchi e neri – scrive Wright – per me era un fatto assodato; era l’effetto che faceva sul carattere delle persone a provocarmi costernazione e scoraggiamento. Non sentivo di costituire una minaccia per nessuno eppure appena diventato abbastanza grande da poter pensare, avevo imparato che il mio carattere, le mie aspirazioni, erano state già svalutate da tempo”.
E proprio per rivalutare sé stesso e tutti coloro che si trovavano nella sua posizione lo scrittore concentrerà tutta la sua vita sulle questioni razziali, contribuendo a ridefinire le discussioni sulle relazioni razziali in America alla metà del XX secolo.
Scrisse questi racconti tra il 1937 e il 1959, ma non riuscì a vederli pubblicati a causa della sua morte nel 1960. E mentre in America vennero pubblicati un anno dopo la sua morte, nel 1961, in Italia era già uscita nel 1951 con Mondadori una parziale raccolta, tradotta da Fernanda Pivano, e intitolata Cinque uomini.
In questi ”piccoli apologhi commoventi di smarrimento, con personaggi sempre schiacciati da una società contraddittoria, un mondo diviso in due, uno bianco e uno nero, il primo separato dal secondo da milioni di chilometri di psicologia, dove ogni premonizione sembra un destino, ogni paura un desiderio. Ancora attuale” come afferma Marco Rossari a Repubblica, spesso si fa fatica a capire di che colore sia la pelle dei protagonisti, a meno che non ci sia svelata dal narratore, ed è questo un espediente per farci notare come il colore della pelle non sia importante ai fini del racconto, ma ciò che conta davvero è la purezza dell’animo e dei rapporti umani.
Sentirsi a casa oltre il colore della pelle e le nostre origini, forse è questa la più grande aspirazione per un uomo, e forse anche su questo ha cercato di farci riflettere Wright con i suoi scritti.
di C. Guz.