Lee Miller, americana del 1907, dal 1929 e negli anni Trenta del secolo scorso spopolò nella Parigi calderone delle arti e delle idee. Arrivò come modella, divenne musa ispiratrice di artisti come Man Ray e altri grossi calibri facendo spesso perdere loro la testa, posò per Picasso. Incantava per la bellezza, l’intelligenza e la personalità. Il ruolo di modella non era sufficiente. Respirava l’aria del Surrealismo e la condivideva. Voleva essere fotografa. Artista. Apprese le tecniche e riuscì. Nella seconda guerra mondiale fu fotoreporter nel conflitto al seguito delle truppe americane. Farsi inviare e accreditare per una donna sembrava impossibile. Lei riuscì. Era sul fronte. Rischiava. E l’immagine che qui vedete è una degli scatti più significativi del ‘900: Lee Miller fa il bagno e si lava con gli scarponi a fianco della vasca da bagno di Hitler a Monaco di Baviera mentre gli Alleati stanno dando gli ultimi colpi al regime nazista. In una foto nel bagno è ritratto il dittatore. Con quegli anfibi Lee Miller aveva scattato le prime terribili foto del campo di concentramento liberato di Dachau. Quel gesto, il bagno nella vasca da bagno, diventa uno sberleffo contro Hitler e tutti i nazisti e i dittatori. Scattò quella foto il fotografo statunitense David Scherman con il quale lavorava. Allora per le donne la fotografia era un territorio precluso.
Si intitola “La vasca del Führer” il libro che Serena Dandini ha dedicato a questa donna singolare e attenta (Einaudi, pp. 256, euro 17.50) che muove da un interrogativo: «È possibile per una donna rimanere “un genio libero” e “uno spirito dell’aria” senza pagare nessuna conseguenza?». L’autrice traccia un ritratto di Lee Miller Penrose, Lady Penrose dal suo matrimonio con il critico d’arte e pittore Roland Penrose: ha letto, si è documentata, è andata di persona nei luoghi dove è andata la fotografa, traccia un ritratto di una donna e del ‘900 che con la Rolleiflex raccontò su una rivista di moda, “Vogue”, la tremenda realtà della guerra. Un viaggio intorno a una donna del secolo scorso che ha moltissimo da dirci. A donne e uomini. E che fu un’autrice di immagini di alto livello artistico.
Su “Tuttolibri” della Stampa del 21 novembre Serena Dandini ha raccontato come è arrivata a Lee Miller: «Stavo scrivendo il Catalogo delle donne valorose e ogni giorno mi immergevo nella lettura delle biografie di pioniere, eroine, cattive maestre, artiste e scienziate che avevano partecipato al progresso dell’umanità in tutti campi ma erano rimaste invisibili, cancellate sistematicamente dalla solita cecità di genere (…). E così mi sono imbattuta casualmente in una fotografia che mi ha folgorata: è uno scatto in bianco e nero datato 30 aprile 1946 e mostra all’interno di un’anonima sala da bagno una donna bellissima, immersa in una vasca. La donna guarda verso di noi con uno sguardo penetrante e feroce. Appoggiato alle mattonelle candide un ritratto di Adolf Hitler e, abbandonati sul tappetino, degli stivali inzaccherati di fango. Così ho conosciuto Lee Miller, modella e fotografa, artista originale e fotoreporter di guerra, ma soprattutto una donna libera, e in una maniera così spregiudicata che ancora oggi non finisce di meravigliare anche chi, come me, credeva di aver infranto svariati tabù insieme alle amiche, negli anni Settanta».
«Preferisco fare una fotografia che essere una fotografia», disse Lee Miller in una frase che Serena Dandini riprende scrivendo: «La ragazza che sto inseguendo allo scoppio della Seconda guerra mondiale decide di trasformarsi in fotografa di guerra ed è tra le prime fotoreporter ad entrare in un campo di concentramento dopo la liberazione. Cercate i suoi scatti: sono ancora oggi un pugno nello stomaco in grado di mettere a tacere ogni velleità negazionista». Lee Miller fotografò anche il campo di Buchenvald. Morirà nel 1977.