Che cos’è un erbario? Quale è la differenza tra piante officinali e non?
Il volume “L’erbario dei Cappuccini di San Quirico. La storia complessa di una raccolta settecentesca” (Effigi, 2020, 246 pagg.) ci aiuta a capirlo tramite la riproduzione di molte, bellissime, piante raccolte ed essiccate intorno alla metà del Settecento.
Gli erbari sono raccolte di piante realizzate fin dall’antichità dall’uomo per lo studio e la catalogazione delle piante. In origine le piante negli erbari venivano disegnate, dipinte, spesso accompagnate dalla descrizione degli usi medicinali che se ne potevano fare. Poi sono arrivati gli erbari di piante essiccate, “sicchi”, come questo dei Cappuccini di San Quirico, i cui primi esemplari furono realizzati dal botanico pisano Luca Ghini nella prima metà del Cinquecento. Con gli erbari secchi del Settecento, anticipati dalla tradizione pisana, la pianta diventa essa stessa oggetto di indagine scientifica in conformità con la filosofia del secolo.
E tuttora gli erbari, vere e proprie collezioni scientifiche di piante preparate attraverso vari processi (essiccazione, compressione, appuntatura su fogli di carta), sono utili alla scienza, alla ricerca: un campione vegetale secco può, in qualsiasi momento, essere sezionato, manipolato, osservato e sottoposto ad analisi chimiche e del DNA.
L’Erbario dei Cappuccini di San Quirico d’Orcia, in provincia di Siena, è un erbario risalente alla seconda metà del Settecento, donato dal proprietario, Paolo Simonelli, all’Università di Siena nel 1987. L’erbario raccoglie più di 350 esemplari di piante officinali e non, in quattro faldoni e un volume cartonato. Si tratta di specie caratteristiche degli ambienti naturali della Toscana e del territorio senese, forse raccolte nelle vicinanze del Convento dei Cappuccini di San Quirico d’Orcia, e di specie esotiche già all’epoca coltivate per ornamento nei giardini e che nel frattempo sono diventate infestanti e invasive, tanto da essere inserite nella Legge regionale n. 56 del 2000, che ne vieta la coltivazione e l’utilizzazione.
L’Erbario probabilmente è stato allestito nel convento dei Cappuccini di S. Quirico d’Orcia e da lì, di confisca in vendita e di eredità in donazione, è giunto fino a noi. Ma nella documentazione legata al convento non vi è traccia dell’erbario e sulla raccolta aleggia un mistero che il libro cerca di indagare, virando sui toni del giallo. Forse, si ipotizza, potrebbe addirittura trattarsi di uno degli erbari a cui aveva lavorato Giorgio Santi, il naturalista dell’orto botanico di Pisa, durante i suoi viaggi verso il Monte Amiata.
Ma soprattutto il volume, a cura di Ilaria Bonini, Raffaele Giannetti, Elisabetta Miraldi e Ugo Sani, consente al lettore di visitare questo giardino: 27 piante non officinali e 58 piante officinali, con le note aggiuntive relative alle loro virtù, agli usi e alle dosi della prassi farmaceutica, sono qui riprodotte. Dalla menta che “faccilita le digistioni” al marrubio che “giovva nella malattia della cardia”, dal frassino che “si adopra ne brodi” all’ortica che “s’adopra ne gargarismi per i mal di gola”. Tutte riprodotte con grande cura, in un formato e su una carta che consentono di apprezzare queste piante in tutta la loro bellezza. E, qua e là, affiorano dettagli del lavoro dell’officina che le ha preparate: “Quest’ammasso d’erbe sono quele da farsi il viglietto delle sue virtù” o “e così ci sono quele pure da incolarsi, op da metersi, o il fiore che li manca o il frutto”.
È un libro d’arte di grande fattura questo, il bel catalogo di una mostra che per ora non c’è ma chissà mai, realizzato con la collaborazione del Centro per lo studio del paesaggio e del giardino di San Quirico d’Orcia e l’Università degli Studi di Siena, che consente agli appassionati e ai meno esperti di ammirare il lavoro attento dei botanici di un tempo, giunto fino a noi.
L’erbario è visibile anche nel filmato realizzato per Bright-Night 2020 dall’Università di Siena: “Le piante istruzioni per l’uso!”, a cura della Dott.ssa Ilaria Bonini, una delle curatrici del volume.
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