di Manuela Ballo
In una fresca serata di maggio, seduta sulle scalinate del Sacre Coeur, fui avvicinata dei ragazzi con chitarra in mano. Davanti ai miei occhi Parigi nel suo splendore notturno. Mi chiesero quale canzone volessi ascoltare: non ebbi tempo di parlare che uno di loro ne intonò subito una. Balbettava le parole, ma il motivo era inconfondibile. Cantammo in coro “Bella ciao”.
Perché ragazzi di origini diverse conoscevano e intonavano con allegria quel canto?
La risposta alla perplessità che allora mi colpì la fornisce, ora, Marcello Flores nel suo libro “Bella ciao” (Garzanti, pp. 96, euro 4,66). Pubblicato proprio alla vigilia del 25 aprile. Fin dall’ attacco del suo libro, Marcello Flores, sostiene che: “È difficile, oggi, trovare qualcuno che non sappia cos’è Bella ciao, che non l’abbia ascoltata”.
La fortuna che ha accompagnato questo canto, soprattutto a partire dagli anni Sessanta, gli ha permesso di valicare i confini nazionali espandendosi a macchia d’ olio fino ad arrivare in Brasile, Francia, Spagna, Repubblica Ceca e nel resto del mondo.
Una canzone mito che tutti, nel corso della nostra vita, abbiamo almeno una volta cantato nelle scuole, nelle piazze o nei cortei. Considerata per antonomasia simbolo della resistenza, ha assunto poi il valore di essere anche un canto di speranza e più in generale di protesta. L’ autore, attraverso un breve ed efficace excursus, ripercorre le fasi e le vicende che hanno caratterizzato la diffusione del canto, frutto di commistione di culture e di fortuna. L’ efficacia della ricostruzione storica e storiografica fatta in questo volume lascia tante porte aperte a nuove ipotesi di ricerca e anche a curiose scoperte.
Il libro segue un percorso lineare che prendendo le mosse dalla fortunata e diffusione internazionale del canto, ne ripercorre la storia e il rapporto di connessione con la resistenza. Così facendo, smentisce il falso mito in base al quale sarebbe stato intonato soltanto alla fine della guerra di liberazione. In questo pamphlet c’è tutto: la storia e la politica, ripercorse attraverso gli anni della Grande guerra, poi degli anni Sessanta fino agli anni Duemila. In questa complessa matassa si intrecciano i fili di storie con ipotesi rese ancor più interessanti proprio per la loro contraddittorietà.
Non ci si concentra esclusivamente sull’ “inno partigiano”, ma questo lo si confronta con i canzonieri della resistenza contenenti canti caratteristici di quel periodo, all’ epoca maggiormente cantati e molto più diffusi. Nel corso delle due grandi guerre, sui monti e nei campi di battaglia, s’è sempre espressa la forza del canto, una pratica usata, peraltro, fin dall’ antichità. Ci narra la mitologia, che Orfeo con il suono della sua lira e del suo canto, ammansiva le bestie, dava vita alle rocce e resisteva alla forza seduttrice delle sirene maliarde. I partigiani, per farsi forza, intonavano canti patriottici, canzoni di dolore e di sofferenza, cercando così di ammansire le belve nazifasciste.
Flores racconta come l’effettiva diffusione e imposizione della canzone, su un gradino superiore rispetto ad altri canti partigiani, si avrà nella prima metà degli anni Sessanta, in un clima culturale mutato, caratterizzato da una ripresa d’ interesse per la resistenza e da un’attenzione maggiore allo studio dell’antropologia e del folklore. Proprio in quegli anni il gruppo torinese “CANTACRONACHE” lancerà lo spettacolo “Bella ciao” che darà grande spinta alla canzone conferendole maggior notorietà. Un ruolo importante ebbe anche il “NUOVO CANZONIERE ITALIANO” che, insieme al gruppo torinese e alle edizioni “AVANTI!” e a quelle del “GALLO”, contribuirono alla nascita e alla formazione del “patrimonio di conoscenza, sperimentazione, ricerca e produzione musicale in cui il momento relativo alla Resistenza non era l’unico ma costituiva un punto di riferimento essenziale e immancabile”.
“Bella ciao” a partire dai sessanta entrerà nel repertorio della musica leggera e commerciale grazie all’ interpretazione di molti artisti nazionali e internazionali, arrivando fino ai nostri giorni e acquisendo risonanza globale.
La sua diffusione nelle varie parti del globo è evidente: lo dimostrano le tante interpretazioni in lingue diverse presenti su you tube e i remix di dj internazionali che hanno raggiunto milioni di visualizzazioni, inoltre, chi non ha mai collegato “Bella ciao” a “La casa de Papel?” la celebre serie spagnola a cui si deve oggi, secondo Flores, il successo planetario del canto. Difatti “La canzone partigiana, cantata in italiano, è presente in alcuni passaggi cruciali, sempre a sottolineare i momenti di felicità e la componente ribellistica del gruppo di rapinatori.”
Tuttavia come ben specificato dall’ autore “è probabile che molti, tra coloro che l’hanno ascoltata in questi anni da autori amati dai giovani per altre canzoni e performance, non sappiano nemmeno che si è trattato di una canzone della Resistenza e, probabilmente, non siano neppure consapevoli di che cosa è stata la Resistenza” infatti “Un successo universale con numeri così elevati allarga sempre più la platea di coloro che non hanno alcuna conoscenza delle origini, che la cantano spesso in italiano senza sapere bene cosa significhi eccezion fatta per i francesi: “gli unici stranieri che la cantano non tradotta e che sanno benissimo cosa stanno cantando”, forse più dei molti politicanti e giornalisti che puntualmente, ogni anno, nel tentativo di snaturare la festa del 25 aprile, si scagliano con violente polemiche contro un canto che non sottolinea divisioni partitiche , ma che ben si presta ad una visione unitaria della lotta di liberazione e che può essere cantato da tutti gli antifascisti cattolici, socialisti o comunisti che siano. Un canto che rappresenta il simbolo della lotta contro il nazismo e il fascismo in nome della libertà.
Pertanto, in questo 25 aprile insolito, in cui ci è negata la possibilità di scendere in piazza per una festa che rappresenta il cuore della nostra storia democratica e repubblicana, oltre ad esporre dalle finestre e dai balconi il tricolore e a intonare “ Bella ciao” sarà utile leggere il libro di Marcello Flores, per capire cosa ha rappresentato e cosa rappresenta questa canzone.