Prima del cenone, prima dell’ultima notte dell’anno con festa, parentela in massa e leccornie, dal Senegal arriva una notizia terribile: il piccolo figlio di due anni di Belle Fille, cugina della narratrice per l’appunto bella, è morto. È morto in Senegal mentre la madre, e chi racconta, vive a Marghera. Con il timbro narrativo di chi si guarda intorno e si guarda dentro e osserva al contempo le proprie tradizioni, Ndack Mbaye, con il racconto La veglia dell’ultimo dell’anno leggibile online partecipa all’antologia di undici scrittrici afroitaliane curata da Igiaba Scego Future (Effequ editore, pp. 224, € 15,00).
Ndack Mbaye è nata a Dakar nel 1992 e vive a Ferrara, Venezia e Udine. In ordine di impaginazione, le undici autrici (come una squadra di calcio femminile verrebbe da pensare) sono Marie Moïse, Angelica Pesarini, Djarah Kan, Ndack Mbaye appunto, Lucia Ghebreghiorges Zeta, Addes Tesfamariam, Leaticia Ouedraogo, Leila El Houssi, Alesa Herero, Wii, Esperance H. Ripanti. Con prefazione di Camilla Hawthorne, postfazione di Prisca Augustoni e una nota della scrittrice-curatrice italo-somala, il libro è scaturito dall’Italia “distopica, dove viviamo, amiamo, mangiamo, dormiamo, piangiamo e ridiamo”, scrive Igiaba Scego,
Come ha osservato il critico letterario Filippo La Porta su Repubblica del 18 dicembre, da noi «perfino l’”indignazione” o l’”apertura ad altre culture” somigliano a mode effimere. Prendiamo i cosiddetti narratori migranti: dopo un momento di relativa visibilità — con Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio (2011) di Amhara Lakous, e alcuni romanzi di Cristina Ali Farah, Gabriella Ghermandi, Igiaba Scego, Tahar Lamri — sono ripiombati nell’oblio».
Appunto. In Paesi come Gran Bretagna o Francia la scena letteraria è vasta. Da noi pesano, osserva La Porta, in mezzo anche a tanti buoni propositi pieni però di stereotipi, molti vizi: «provincialismo, mancanza di coraggio dell’editoria, chiusura xenofoba e incarognimento della società». E chiosa: «dimostrano di essere gli unici veri “patrioti”: amano così tanto la nostra lingua da adottarla per scrivere romanzi e poesie! »
L’immissione di nuove voci da altre culture irrobustisce culturalmente, e umanamente, un territorio e la sua lingua. Pensate all’inglese: con scrittori come Amitav Ghosh, Salman Rushdie, o il poeta caraibico Derek Walcott (citando solo tre nomi magistrali) si è arricchita enormemente da chi scrive nella lingua di Shakespeare riadattandola e plasmandola e così potrebbe accadere in Italia. Dove queste scrittrici vanno valutate come tali, come scrittrici. E dove non mancano le scoperte amare. Come scrive Leaticia Ouedraogo (lei viene dal Burkina Faso): «Papà e io siamo nati in Burkina e in Italia abbiamo scoperto di essere neri, come tanti altri. Mathys invece è stato molto più fortunato di noi due: è nato in Italia, e lo ha scoperto quasi subito di essere nero. Negro di merda a papà per la prima volta è toccato a trent’anni, sporca negra a me a undici anni…».
Il link a “Future”, Effequ edizioni