Cerimonia del Nobel, Handke continua a non rispondere sulla Serbia

Il premio contestato da membri dell’accademia svedese. Il boicottaggio dei paesi balcanici. Ma anche il liberticida Erdogan si scaglia contro il riconoscimento

Cerimonia del Nobel, Handke continua a non rispondere sulla Serbia
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11 Dicembre 2019 - 11.05


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Il Nobel per la letteratura del 2019 a Peter Handke ha pesato anche e inevitabilmente alla cerimonia di ieri a Stoccolma. Perché lo scrittore austriaco anche dopo l’assegnazione del riconoscimento non ha mai risposto sulle sue prese di posizione negazioniste sul massacro di migliaia e migliaia di musulmani a Srebrenica, di aver compiuto un gesto eloquente e significativo come partecipare al funerale di Milosevic e di pronunciarvi un’orazione funebre. Lo scrittore ha assunto posizioni pro Serbia nel conflitto nell’ex Yugoslavia, ha anche attaccato duramente le “madri di Srebrenica” dicendo che erano organizzate come le madri dei desaparecidos, rimangiandosi poi la parola, e ha sempre detto di fare letteratura, di non avere opionini perché, parole sue nella conferenza stampa a Stoccolma, detesta le opinioni. «Niente di ciò che ho scritto sulla Jugoslavia può essere oggetto di denuncia, neanche una parola. È letteratura».

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Al ricevimento dell’Accademia di Svezia in onore di Handke e di Olga Tokarczuk, la scrittrice polacca vincitrice quest’anno per il 2018, per protesta non hanno partecipato un membro dell’Accademia dal 2002, Peter Englund, né la scrittrice della giuria esterna Gun-Britt Sundstrom. Parimenti la regina di Svezia ha voluto il suo tavolo ben lontano da quello dell’autore austriaco (così non è stato per Olga Tokarczuk) e si è limitata allo regime di protocollo.

Sul piano diplomatico non sono mancate reazioni. Hanno proclamato il boicottaggio del Nobel ad Handke Kosovo, Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Turchia, Afghanistan, Macedonia del Nord, hanno protestato le madri di Srebrenica, online sono state raccolte di 58 mila firme online, nella capitale svedese si sono tenute manifestazioni di protesta. Ma anche la Turchia liberticida è intervenuta: Erdogan si è scagliato contro il premio ad Handke (a Srebrenica furono uccise migliaia di musulmani) anche se il suo sostegno all’indignazione suscita altrettanta indignazione, dacché il presidente turco non rispetta i diritti umani, licenzia e incarcera chi si oppone, censura, ha attaccato la Siria del nord contro i curdi.

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Handke ha continuato a non rispondere alle accuse. Nemmeno nel suo discorso ufficiale ha risposto. Nel 1996 pubblicò un pamphlet, “Giustizia per la Serbia”, fin dal titolo significativo. All’indomani dell’annuncio del premio il 10 ottobre scorso Salman Rushdie commentava: «Handke ha scritto ampiamente su quel conflitto jugoslavo. Non si può non tenerne conto, non si può giustificarlo».

Come riferisce il Guardian, ha parlato di “grande ipocrisia” dell’Accademia Peter Englund, già segretario permanente dell’istituzione svedese, formata da 18 membri, e che conosce di persona la Bosnia. Per il Kosovo la decisione dell’Accademia è “scandalosa”. Ma anche l’istituzione ha sostanzialmente evitato di prendere una posizione esplicita sulla questione dicendo di aver premiato la sua “straordinaria opera letteraria” (che nessuno discute).

Il caso Handke ha tra l’altro avuto l’effetto di oscurare il premio a Olga Tokarczuk. La quale ha detto che destina parte dei soldi dal premio per sostenere una fondazione che aiuti scrittori e traduttori i quali “descrivono realtà in cui crescono pericolosamente e rapidamente sentimenti xenofobi e nazionalisti”. L’autrice polacca non ha commentato pubblicamente il riconoscimento ad Handke, ma la sua traduttrice in inglese Jennifer Croft in un tweet ha scritto che è assurdo che Olga Tokarczuk condivida il palcoscenico del premio con un “apologista di un genocidio”.

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