C’è un «nuovo arianesimo» e discrimina ed elimina lentamente milioni di persone perché povere. Chi non serve subito e tanto, va cancellato. Non è neonazismo. È quanto ravvisava lo scrittore José Saramago nel 1998.
Tra i libri nelle parti alte delle classifiche dei quotidiani fa piacere trovare Diario dell’anno del Nobel. L’ultimo quaderno di Lanzarote di José Saramago (Feltrinelli, pp. 272, euro 18,00). È, come recita la nota editoriale, l’ultimo dei quaderni scritto nell’isola delle Canarie dove lo scrittore si ritirò dopo contrasti con il governo portoghese. Il diario è del 1998, l’anno in cui vinse il Nobel per la letteratura. «Se ne conosceva l’esistenza perché Saramago lo aveva promesso ai suoi lettori nel 2001, ma se ne sono perse le tracce. Prima gli impegni, poi un cambio catartico di computer, e il sesto quaderno si è smarrito, seppellito in una macchina che nessuno usava più. Come racconta la moglie Pilar del Río nell’introduzione, ci sono voluti vent’anni e varie casualità “saramaghiane” perché questo testo venisse alla luce».
Di questa scoperta casuale la moglie e giornalista ha raccontato in un’intervista a Concita De Gregorio su Robinson di Repubblica il 16 giugno scorso. Quel quaderno, ha detto Pilar del Río, era pronto e pensato per la pubblicazione, andava soltanto scoperto e sistemato editorialmente. «I principali assi tematici sono la politica, i viaggi, la dimensione sociale dello scrittore e dell’intellettuale, e ancora la sfera più personale e la letteratura», scrive ancora la cassa editrice. Il volume comprende il discorso per l’assegnazione del premio Nobel, ma intanto tra i brani estratti dal settimanale colpisce quello in cui lo scrittore e poeta portoghese, nato nel 1910 e morto il 18 giugno 2010 a Tias, in Spagna, il 22 gennaio 1998, riflette su alcune statistiche del Chiapas, in Messico, che lo inducono a parlare di «un nuovo arianesimo», esplicito rimando al delirio di una razza superiore di stirpe ariana coltivato e professato dai nazisti solo che virato su ricchezza e povertà.
Il Chiapas ha ricchezze naturali abbondanti, è il primo produttore al mondo di caffè e banane, il secondo di miele e cacao, ha giacimenti di idrocarburi, genera il 46% dell’elettricità messicana, registra Saramago. Eppure il 60% della popolazione non raggiunge il salario minimo e l’analfabetismo oscilla tra il30 e il 70%. Lo scrittore domanda: dove vanno le ricchezze del territorio? Riferisce allora una frase di un funzionario del governo messicano: «Ci sono cinque milioni di contadini d’avanzo». I poveri sono di troppo.
Qui l’autore di romanzi – capolavoro come La zattera di pietra o Cecità individua la causa politica, la tragedia: «… il neoliberismo trionfante vuole risolvere in modo radicale: fare scomparire a poco a poco (un genocidio su scala planetaria farebbe troppo scandalo), sottraendo o negando loro condizioni minime di vita, le centinaia di milioni di esseri umani che sono d’avanzo, siano essi indios dell’America o indios dell’India, o neri dell’Africa, o gialli dell’Asia, o sottosviluppati di ogni dove». Un genocidio praticato nel silenzio. Perché si va preparando (e lo scriveva nel 1998) «un mondo per ricchi (la ricchezza come una nuova forma di arianesimo), un mondo che non potendo, ovviamente, fare a meno dell’esistenza dei poveri, ammetterà di conservare solo quelli che saranno strettamente necessari al sistema». Appunto, una nuova forma di «arianesimo». E non è un romanzo distopico o un film di fantascienza.