Luca Cherubino, avvocato, scrive thriller. Dopo “Viola” del 2016 ha dato alle stampe “Nessun limite oltre il cielo” (TransEuropa, 224 pagine, 16,90 euro) , romanzo, avverte l’editore, “si ispira a quel fenomeno di suicidi pilotati “per sfida o per gioco” che prende il nome di Blue Whale Challenge o “Balena blu” e di cui resta vittima la figlia di un magistrato”. Ed è il magistrato a iniziare “una indagine sotto copertura negli abissi della rete, rubando l’identità di un morto”, scopre “un mondo sconosciuto, equivoco e perverso” ma “lo tallona un ispettore oppresso da nodi mai risolti del passato”.
Il romanzo, spiega l’editore, è inserito nella collana “Wildworld” “che rimescola le carte tra realtà e finzione”. Ne pubblichiamo un estratto su concessione di TransEuropa. Per gli appassionati di grafica: nell’impaginazione del libro i nomi sono al centro della pagina, non a destra e in corsivo come qui. Il titolo, dobbiamo dirlo, ricorda involontariamente i “Tre metri sopra il cielo” di Federico Moccia.
La missione
Per le strade di Lambrate tirava un vento di tramontana che frustava le chiome degli alberi, piegandoli quasi a metà. Non era la serata giusta per andarsene in giro a piedi, ma il ragazzo era uscito con uno scopo preciso. Camminava di fretta con le mani in tasca, investito dai mulinelli di foglie secche che duellavano sul marciapiede e spargevano nell’aria un sibilo che via via si faceva più acuto: sembrava quasi un lamento o un suono simile a una nenia. Stretto nel suo giubbotto di finta pelle, superò a testa china la stazione ferroviaria e una lunga schiera di fabbricati grigi, per poi fermarsi sotto un lampione storto, tappezzato di volantini colorati.
Quando vide arrivare la troupe, andò incontro al cameraman con un guizzo di follia negli occhi. «Stasera mi sento Batman.»
“Ma se sembri Fassino. ☺”
Renato Loparco
Entrò nel caseggiato dondolandosi sui fianchi, attraversò un androne che puzzava di piscio e affrontò, con passo convinto, le rampe di scale che salivano verso l’alto.
“Che posto del cazzo :-P”
Andrea Palmieri
Il bagliore di un fulmine esplose in cielo quando il ragazzo conquistò la cima: un edificio di sei piani, con una terrazza al posto del tetto, delimitata da una ringhiera piena di ruggine; così bassa da mettere paura solo a guardarla.
“Ma che, fa sul serio?”
Il giovane si grattò la testa e avanzò in mezzo a una foresta di antenne, parabole e comignoli, destreggiandosi tra le pozze d’acqua scura e melmosa che costellavano il pavimento di mattonelle. A metà della terrazza iniziò a rallentare, si voltò un paio di volte, infine si immobilizzò.
«Non vorrai tirarti indietro?»
«Credi che non abbia coraggio?»
“Questo è scemo.”
Concetta Prezioso
“È tutto finto, IMHO.”
Andrea Palmieri
Un secondo lampo squarciò di nuovo il cielo, illuminando il viso del ragazzo: da qualche minuto non faceva che strizzare ora un occhio, ora l’altro. A quanti metri si trovava l’edificio di fronte? Di quanta rincorsa aveva bisogno? Le probabilità di farcela erano alte?
“Allora, si muove o no? –_–;”
Renato Loparco
Raggiunse la ringhiera, la scavalcò e salì sul cornicione di cemento, umido e scivoloso, largo quanto un piede. Poi si sedette, sfregò un fiammifero sul muro e una traccia gialla brillò nella notte.
“È un mito. <3”
Lina Ginesi
Mentre il bastoncino di legno si spegneva, aspirò una boccata di fumo da una sigaretta dall’odore dolcissimo, socchiudendo appena gli occhi. Arrivò fino al filtro e dopo averla spenta contro la suola delle Reebok, la lanciò nel vuoto, in quel pozzo nero che sembrava finire nelle viscere della terra.
“Ci vuoi passare la notte su quel cornicione?”
Luca Rinaldi
Guardò a destra e sinistra, quindi spinse lo sguardo verso il basso, in fondo al cratere. A quel punto un brivido gli raggelò la schiena, imponendogli di riflettere su quanto stava per fare.
“Senti amico, lascia stare, è meglio.”
Giovanni Piccioni
Il ragazzo si alzò in piedi, saltò la ringhiera e tornò al centro della terrazza. Abbassò lo sguardo per controllare i lacci delle scarpe, sgranchì il collo e ancorò le pupille allo scampolo di tetto dove non c’era la ringhiera: doveva passare esattamente da lì. Memorizzò il percorso e fissò il punto da cui avrebbe spiccato il volo. In fondo, il salto in lungo era la sua specialità. Da bambino aveva vinto una quantità di medaglie e qualcuno sosteneva che avesse la stoffa del campione. Si allenava tutti i giorni e non sentiva la pressione della gara. Gli veniva tutto spontaneo, come se saltare fosse la cosa più naturale del mondo. Adesso però era tutta un’altra faccenda: la pista era buia, non sarebbe atterrato sulla sabbia, e in gioco c’era molto più di una medaglia.
Una scarica di adrenalina nelle vene fu il segnale che era giunta l’ora del decollo. Picchiettò la punta della scarpa su un mattone scrostato, come sul blocco di partenza, gonfiò i polmoni e si mise a correre, con le braccia che pompavano energia.
Qualche istante dopo spiccò il salto.
“Daje, che zompo! *-*”
Luca Rinaldi
“Top!”
Lina Ginesi
“Si schiantasse!”
Andrea Palmieri
Mentre il suo corpo disegnava un arco nell’oscurità, sentì qualcosa negli occhi e quando atterrò, poggiò il piede su una pietra sgretolata, che cedette quasi subito, precipitando sul cofano di un camioncino parcheggiato in strada.
“Adesso muore. LOL”
Concetta Prezioso
Il ragazzo perse l’equilibrio, cadde all’indietro e solo all’ultimo ebbe la prontezza di aggrapparsi al bordo del cornicione: rimase sospeso nel vuoto, con le gambe che scalciavano al vento. Il suo grido si spense nei meandri del vicolo.
“Modalità Darwin on.”
Andrea Palmieri
Strinse i denti e cercò di far leva sulle braccia ossute, agganciando i polpastrelli nel ruvido del cemento. Sembrava una sfida impossibile, eppure, a furia di dimenarsi, riuscì a sollevare la gamba destra. Provò ad agganciarla da qualche parte, ma il punto d’appoggio più vicino era troppo distante, anche per un atleta come lui.
“Muoro. Mi sudano anche i capelli.”
Elena Quintavalle
I muscoli delle braccia e del torace presero a tremare e a bruciare per lo sforzo.
“Non ja fa.”
Andrea Palmieri
Intanto il mondo intorno a lui iniziava a perdere forma. Non c’era più spazio per la geometria, l’olfatto e l’udito, e neppure per il dolore. Tutto si riduceva a una battaglia asimmetrica tra una massa corporea biancastra che lottava per la sopravvivenza e una fredda lastra di cemento. Il resto non esisteva più. Poi, dopo una serie di tentativi andati a vuoto, con un disperato colpo di reni si issò oltre il bordo del cornicione.
“Mito. <3”
Giovanni Piccioni
“Sei un artista, frate.”
Luca Rinaldi
“Top!”
Lina Ginesi
Esausto, si accasciò sul pavimento della terrazza, cingendo le ginocchia con le braccia.
«Complimenti Yassin!»
«Spegni la camera, asshole!» Gli era rimasto poco fiato in corpo, ma quello che aveva fu sufficiente per gridare.