Giovanna Vivinetto, premiata la prima poetessa trans italiana

L’autrice vince il premio Lord Byron Golfo dei Poeti con “Dolore minimo”, raccolta entrata nella scena letteraria ufficiale. Ma c’è chi la critica per la sua identità

Giovanna Vivinetto, premiata la prima poetessa trans italiana
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26 Ottobre 2018 - 10.55


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Interlinea è uno degli editori più stimati e quotati di poesia in Italia. Nel giugno scorso ha pubblicato la raccolta di Giovanna Cristina Vivinetto “Dolore minimo” con presentazione di Dacia Maraini e una nota di Alessandro Fo (pp. 148, euro 12). È arrivata alla seconda ristampa. Ma se la poesia difficilmente scatena ire, ha invece criticato su Facebook il libro, e non i suoi testi, l’associazione Pro Vita Onlus. Non per ragioni poetiche: criticano l’identità. Perché Giovanna Cristina Vivinetto è forse la prima poetessa transessuale (altri scrivono intersessuale) a entrare nell’agone letterario ufficiale collocando il tema dell’identità sessuale tra le fondamenta della raccolta. Raccolta che, come annuncia l’autrice su Facebook, ha appena vinto il primo premio ex aequo per la poesia edita al Premio Internazionale “Lord Byron Porto Venere Golfo dei Poeti” insieme a un autore molto apprezzato dai lettori di poesia italiana, Franco Buffoni (per La linea del cielo”, Garzanti Libri). La premiazione sarà a Portovenere il 4 novembre.
Ventiquattrenne di Siracusa, studentessa a Roma, l’autrice scrive tra l’altro in una poesia:
Mi spiegarono la differenza
tra uomo e donna – le caratteristiche
elementari del maschio
e della femmina. Non mi rivelarono però
a quel tempo cosa
si trovasse nel mezzo, all’incrocio
imprevisto tra i due sessi.
E in un altro passaggio (sempre pescato dal web) scrive:
Ci rinunciai e con loro
all’arroganza della definizione.

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Sembra di leggere un percorso difficile, caparbio, di sofferenza e di coraggio. “Il «dolore minimo» del titolo esprime la complessa condizione transessuale pronunciata con grande potenza poetica, volta a infrangere, per la prima volta in Italia, il muro del silenzioso tabù culturale. La giovane autrice racconta la sua rinascita luminosa con versi, delicati e profondissimi al tempo stesso, che hanno fatto parlare Dacia Maraini e Alessandro Fo di caso letterario dell’anno”, riferisce Luigia Sorrentino nel blog nel portale Rai sulla produzione poetica, benemerito e rispettato, da lei diretto. E qui la poetessa, critica letteraria nonché giornalista che fiuta nuovi autori pubblica più poesie della Vivinetto dalle quali prendiamo spunto per dire: un testo letterario va valutato come testo letterario. Al contrario, attaccare un’autrice per la sua identità sessuale non è solo segno di rifiuto, forse segnala che chi attacca Giovanna Cristina Vivinetto per la persona che è forse ha qualche paura di se stesso o di se stessa; chissà, è un’ipotesi, non prendetela per una verità senza discussioni, non si parla necessariamente dell’associazione citata sopra, tuttavia forse chi la attacca teme qualcosa nel proprio intimo e, come sempre accade in questi meccanismi psicologici ma anche politici, nel rifiuto si riversano le proprie paure su bersagli esterni.

Infine ancora pochi versi estratti da una delle poesie pubblicate sul blog della Sorrentino perché restituiscono il percorso e il pensiero dell’autrice e un’osservazione, pur banale: scegliendo come titolo “Dolore minimo” la poetessa sembra rifuggire dal quel gridare il proprio dolore ai quattro venti mediatici che spesso ha il sapore, magari involontario o necessario per confortarsi, della ricerca dell’effetto mediatico a largo raggio.
Ci convinsero,
ci persuasero all’autonegazione.
Noi, così giovani, fummo costretti
a riabilitare i nostri corpi,
obbligati a guardare in faccia la nostra
natura e sopprimerla con un’altra.
A dirci che potevamo essere
chi non volevamo, chi non eravamo.
Noi gli unici esseri innocenti.

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