Riflette su Mary Shelley, e rilegge il romanzo-capolavoro composto dalla scrittrice inglese due secoli fa “Frankestein”, Lisa Ginzburg nel suo “Pura invenzione. Dodici variazioni su Frankenstein di Mary Shelley” (Marsilio, pagg. 112, euro 12).
L’autrice, nipote di Natalia Ginzburg, narratrice e saggista di vaglia, all’Ansa ha spiegato di aver scritto il suo saggio e memoria personale su “una scrittrice coraggiosa e libera, a cui mi legano alcune coincidenze bibliografiche come quella di essere figlia di un noto studioso (Carlo Ginzburg, ndr) e di una femminista”. La femminista e storica del femminismo è Anna Rossi-Doria, scomparsa da circa un anno, mentre la madre dell’autrice britannica era una pioniera nella battaglia dei diritti femminili quale la filosofa Mary Wollstonecraft. “Un viaggio all’indietro sulla genesi della scrittura, ma pur essendo un libro dove si viaggia molto alla fine si arriva a un punto fermo che siamo noi stessi”. Un viaggio che, come ha raccontato ad Avvenire la stessa Lisa Ginzburg, è iniziato con il suo primo Frankestein: non nei film del terrore o sulla pagina scritta, ma con quel capolavoro di ironia ed umorismo che è il film “Frankestein Junior” del 1974 di Mel Brooks e con Gene Wilder.
I dodici capitoli rimandano alle lettere di Frankestein, l’inventore prometeico della creatura. Lisa Ginzburg attraverso la scrittrice e il libro intende tracciare dunque un viaggio alla scoperta di se stessa, della sua storia, della sua famiglia, in una chiave che da personale diventa collettiva. Mary Shelley iniziò il romanzo nell’estate del 1816, un’estate fredda e senza sole, e lo pubblicò, in forma anonima, nel 1818. Saggista, biografa, curò le edizioni del marito, Percy Bysshe Shelley, uno dei vertici della poesia in inglese. Visse dal 1797 al 1851.
“Pura invenzione” fa parte della collana “Passaparola” dove scrittori di oggi scrivono su classici della letteratura.