I paesaggi del giallo 3: il senso degli scandinavi per il crimine

Concludiamo il nostro viaggio nei luoghi dei thriller con Larsson, Liza Marklund, Mankell e altri autori del nord. Che a volte anticipano perfino la realtà

I paesaggi del giallo 3: il senso degli scandinavi per il crimine
Preroll AMP

redazione Modifica articolo

25 Settembre 2018 - 15.37


ATF AMP

Enzo Verrengia

Top Right AMP

È il paesaggio del giallo più estremo, quello dove si conclude questa ricognizione geografico-letteraria: l’innevato della Scandinavia, tra biancori abbacinanti. ghiaccio e fiordi. A quelle latitudini si congelano anche i moventi, che sotto le lastre di acqua solidificata persistono nell’eterno incombere del male.
Rigurgiti neonazisti, il romanzo che precede la strage di Breivik
Quando, nel 1994, uscì anche in Italia Il senso di Smilla per la neve, del danese Peter Høeg, si diffuse la convinzione che il giallo scandinavo fosse una novità. Invece da anni erano già apparsi i romanzi della coppia svedese Maj Sjöwall e Per Wahlöö. Marito e moglie impegnati, appunto, a disseppellire dalla crosta artica le antiche sembianze del maleficio.
La Millennium Trilogy di Stieg Larsson è servita ad aprire ulteriori squarci sulle nazioni più mitizzate di questa Europa in crisi di contenuti, oltre che di valuta. I rigurgiti neonazisti che pervadono le traversie della sua protagonista tatuata, Lisbeth Salander, non sono meri pretesti narrativi. Larsson vi indagò da giornalista e li denunciò all’opinione pubblica.
Liza Marklund, con meno crudezza, lo aveva preceduto sulla medesima strada. I loro presagi si avverarono il 22 luglio 2011. Allora il mondo spalancò di occhi di orrore per la strage ad Oslo di Anders Behring Breivik.
«Nel nostro paese abbiamo commesso il grosso errore di eliminare la malvagità. Ufficialmente, non esiste. La Svezia è uno Stato di diritto, la comprensione e la logica ne hanno preso il posto. Ciò ha fatto sì che la malvagità si trasferisse nelle viscere della terra e lì, nelle tenebre, si è ambientata benissimo.» È la cupa visuale di una personalità assassina, che interpone la sua voce diretta alla narrazione oggettiva nel romanzo Delitto a Stoccolma, di Liza Marklund. Parole illuminanti per una vicenda che ancora una volta smentisce la monotonia permissiva e benestante dell’Europa scandinava. La “First Lady del giallo svedese”, com’è nota in patria, nasce nel 1962 a Pålmark, un villaggio del Circolo Polare Artico. Le cui temperature non influiscono sull’indole appassionata della scrittrice, giornalista, moderatrice televisiva ed ambasciatrice di pace dell’Unicef. È l’empatia, infatti, che motiva il suo lavoro di ricerca ed investigazione trasposto dalla cronaca al thriller. Da oltre 20 anni si occupa di diritti delle donne e dei bambini, specie quelli portatori di Hiv. Oltre ai suoi libri, ha pubblicato articoli sul Financial Times, Die Welt, il danese Dagbladet Information ed il finlandese Ilta-Lehti. Nel 2011 si è cimentata insieme a James Patterson con il romanzo Cartoline di morte.
Il commissario Wallander, Maigret del nord
I paesaggi intorno a lui sono gelidi ed innevati, ma lui si mantiene un animale a sangue caldo. Chi? Il commissario Kurt Wallander, di Henning Mankell. Di cui si può dire lo stesso. Anzi, di più. Perché Mankell, nato a Stoccolma e cresciuto in una glaciale provincia della Svezia, aveva trovato una propria misura del rapporto con la realtà scegliendo l’Africa come seconda patria. Più caldo di così… Lo sdoppiamento di ubicazione favoriva un curioso fenomeno. Mankell sognava in svedese pur parlando il portoghese, la lingua del Mozambico, nazione con la quale divideva la residenza. Per comprendere appieno Wallander, infatti, si deve conoscere il percorso formativo di Mankell. Dal traumatico abbandono della madre, che costrinse il padre, magistrato, a trasferirsi lontano da Stoccolma per crescere Henning e gli altri figli nella quiete di un piccolo centro perennemente sepolto dal ghiaccio. La perdita originaria della figura materna motivava la ricerca di Mankell delle potenziali cause di tutte le storie: «I miei libri cominciano sempre con una domanda che faccio a me stesso: com’è possibile che…?» Com’è possibile, dunque, che una madre si rifiuti di crescere i suoi stessi figli? A James Ellroy, altro grande giallista, andò peggio. Gli uccisero la madre e lui non seppe mai chi fosse il colpevole. Ne nacque una letteratura tarata sulla disperazione. Mankell aveva invece il padre e gli altri consanguinei. Perciò il suo Wallander non smette mai di sperare che si possa arrivare alla verità. Lo si potrebbe definire il Maigret dei ghiacci scandinavi. Un individuo non certo contagiato dal clima dei suoi paraggi immediati. Wallander interessò nel 2007 Kenneth Branagh, che se ne addossò l’interpretazione e la produzione televisiva.
La serie fu trasmessa in Italia su Sky. Wallander, al contrario di altri protagonisti ricorrenti, è defunto insieme all’autore. Sempre che non torni anche lui in qualche apocrifo, come è accaduto alla Salander di Larsson.

Narrazioni I paesaggi del giallo 1: la California è feroce, Milano da duri

Dynamic 1 AMP

Narrazioni I paesaggi del giallo 2: entriamo a casa di Sherlock Holmes e Montalbano

 

 

Dynamic 1 AMP
FloorAD AMP
Exit mobile version