Cuba libre? Marcial Gala racconta l’isola del dopo-Castro

Esce un bel romanzo, "Verde limone". E Rock Reynolds intervista Davide Barilli, esperto di cose cubane, su un paese che sta sdoganando autori prima ignorati e sulla possibilità di scrivere di amori gay

Cuba libre? Marcial Gala racconta l’isola del dopo-Castro
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22 Marzo 2018 - 15.10


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Rock Reynolds

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Chi penserebbe mai che nella prima pagina di un romanzo cubano i due nomi più lampanti siano quelli di Savonarola (con una calorosa esaltazione di Firenze) e degli Iron Maiden? Io non me lo sarei mai aspettato, così come ammetto candidamente una certa diffidenza prima di accostarmi a Verde Limone (Nuova Editrice Berti, traduzione di Pier Luigi “Pedro” Mori, pagg 166, euro 17), primo romanzo tradotto in italiano di Marcial Gala, un autore che si divide tra Buenos Aires e Cuba. Non aspettatevi un romanzo cubano classico, ammesso che ve ne possa essere uno. Allo stesso tempo, prendete queste parole e gettatele nel cestino, perché difficilmente questa storia si sarebbe potuta svolgere altrove e difficilmente avrebbe potuto scriverla un autore di un altro paese. Teatro di questa vicenda, a tratti esilarante e altrettanto spesso disperata, è la città in cui l’autore ha vissuto buona parte della sua vita: Cienfuegos. Sono tre gli attori principali: Ricardo, pittore spiantato; Kirenia, focosa ragazza che si invaghisce di un artista alcolista e disperato; e, ovviamente, l’oggetto del suo amore, il geniale quanto scombinato Harris Sanzio, saxofonista con una pericolosa predisposizione agli eccessi e la lingua lesta e tagliente. Non ci sono tante descrizioni di luoghi e tradizioni di Cuba in questo romanzo che sembra tanto una piece teatrale e che potrebbe consumarsi interamente in una stanza, quella in cui Kirenia e Harris, quando non è sbronzo o strafatto al punto da non riuscirci neppure, fanno sesso sfrenato o litigano con altrettanta veemenza, quella in cui lo stesso Harris gioca a scacchi con i suoi fantasmi, quella in cui, talvolta, Kirenia cerca consolazione tra le braccia di Ricardo, per poi tornare irrimediabilmente alle sabbie mobili di una relazione senza futuro.
“Quando Harris voleva bere, prima diceva ho sete, e poi ho sete e infine ho sete… Se Harris voleva bere, era meglio per Kirenia cercare di procurarsi qualcosa in fretta senza pensare alle conseguenze. Harris ubriaco era un caso difficile, ma Harris assetato era un caso psichiatrico. Perché i cubani bevono così tanto?… Perché non c’è altro da fare.”
Un’atmosfera di disastro incombente, tollerabile grazie alla straordinaria verve narrativa di Marcial Gala – che distilla sapientemente humour nero e stilettate di disperazione tra le righe – caratterizza quello che non si presenta immediatamente come un romanzo facilissimo, ma che pagina dopo pagina cattura il lettore. Sembra che succeda poco e, in realtà, questa vicenda a tinte forti racchiude l’arcobaleno della condizione umana.
“In fondo uno suona il sax perché è troppo codardo per ammettere che ha paura, paura di dire la verità. Di dire: non so che cazzo ci faccio qui. Non so chi sono, non so cosa mi aspetta e il peggio è che in fondo non mi importa. Credo che finirò in un ospedale psichiatrico, però prima dovranno tagliarmi le palle. Poi, quando sarò lì, chiederò un goccio di rum.”
Molto delicate, quasi commoventi le pagine in cui Kirenia, reduce dall’esperienza atroce di un aborto voluto in solitaria, va a trovare la madre, una donna anaffettiva con la quale i rapporti sono sempre stati tesi e che, da quando Kirenia frequenta “un negro così vecchio che potrebbe essere suo nonno… un vecchio negro alcolizzato”, ha sempre e soltanto avuto parole di critica nei suoi confronti. Una sorta di tenerezza poetica aleggia nella stanza in cui questa donna severa, ancora di bell’aspetto e decisamente più curata di Kirenia, accoglie la figlia.

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L’intervista a Davide Barilli
Per capire meglio cosa sta dietro Verde Limone e il suo autore, abbiamo fatto qualche domanda a un giornalista-scrittore che Cuba e le sue pieghe più oscure le conosce benissimo. Davide Barilli, responsabile della cultura per la Gazzetta di Parma, ha dato alle stampe romanzi e saggi i cui titoli la dicono lunga sulla passione per la cultura cubana. Qualche esempio? Le cere di Baracoa (Mursia, 2009), La nascita del Che (Aragno, 2014), Carte d’Avana (Fedelos, 2010).
Se non sbaglio Marcia Gala, lo conosci di persona. Che tipo è, che retroterra ha?
Ho conosciuto Marcial Gala nel 2013, quando mi ero messo in testa un progetto: fare conoscere in Italia narratori di Cuba mai tradotti nel nostro paese, autori che non rientrassero nell’establishment ma neppure nelle mode, ideologiche o controideologiche: quelli che cercavo erano autori autentici, scrittori di qualità indiscutibile. Un progetto che ho organizzato con l’aiuto di un altro scrittore cubano, Alberto Guerra, il quale ha coinvolto Gala e Emerio Medina. Ne è nata, dopo un lungo lavoro di scelta dei testi che ha coinvolto il sottoscritto e l’editrice Cecilia Mutti, un’antologia che si intitola Gli amanti del secondo piano, pubblicata da Nuova Editrice Berti. Il libro contiene due suoi racconti. Gala l’ho incontrato per la prima volta all’Avana nella casa di in cui abitavo, zona Infanta, un quartiere popolare. Avevo organizzato una sorta di summit con i tre scrittori candidati a far parte dell’antologia. Marcial mi è subito sembrato il più silenzioso e meditativo. A differenza degli altri due, si muoveva poco, era rimasto seduto tutto il tempo, ascoltando molto. Dei tre era il più taciturno. Ma ho subito intuito che era molto deciso e sicuro di sé. Poi ci siamo rivisti davanti a un piatto di pollo e congri, in un piccolo ristorante: suo desiderio, mi ha spiegato, era quello di farsi conoscere fuori dai confini cubani e pubblicare in Italia. Lui, pur essendo nato all’Avana, è sempre vissuto in una città fuori dai grandi giri, Cienfuegos, luogo in cui ha ambientato gran parte dei suoi romanzi. Da ragazzo è stato uno sportivo, ha praticato sollevamento pesi e canottaggio, è laureato in architettura e ha iniziato a scrivere scoprendo la sua passione attraverso la lettura di Borges. Non essendoci frequentati a lungo, non posso dire di conoscerlo molto, in realtà, dal punto di vista umano. Come scrittore mi piace moltissimo, ha uno stile tutto suo, veloce, diretto. Le sue storie più significative sono quelle che costituiscono la trilogia di Cienfuegos, oltre a Verde Limone (Sentada en su verde lemon), La catedral de los negros e Monasterio. Gala è da considerare uno dei nomi più interessanti della nueva novela negra cubana. Nella sua scrittura traspare un’ironia metafisica erede del racconto orale tipico della cultura afrocubana, caratterizzato da un ritmo parlato. Le sue storie partono generalmente da una situazione realistica per poi allontanarsene in un crescendo verso l’assurdo, in una visione iperbolica, nella tensione tra reale e follia dell’ignoto e del paradosso. Di certo, la sua vita è cambiata radicalmente da quando ha conosciuto Ana, la sua donna, un’intellettuale argentina con cui convive a Buenos Aires: ultimamente è molto attivo su Facebook.
Come ti pare, considerato che vai a Cuba regolarmente, la situazione culturale del paese? Intendo dire che tu hai vissuto la Cuba di Castro e della malattia di Castro e poi hai vissuto quella del dopo-Castro. Hai notato differenze nella libertà espressiva degli scrittori?
Lo snodo è stato quando, nel 2012, Leonardo Padura Fuentes, che con i suoi romanzi ha criticato pesantemente la difficile situazione di Cuba, ha vinto il più importante premio nazionale di letteratura cubano. Con questa onorificenza, Padura è stato sdoganato. Lui, come altri autori, per esempio Gutiérrez, precedentemente tollerati a fatica. Chi sfonda all’estero, alla fine viene riconosciuto anche a Cuba. Oggi la situazione in ogni caso è cambiata nel senso che i narratori raccontano quello che vogliono senza più paura. Penso a un libro come La Autopista di Enrique Lage, pubblicato da Colección G. Il problema è semmai la possibilità di leggere i loro libri. Esistono molte case editrici territoriali, piccole, che pubblicano tanto, ma i loro libri non si vendono. E anche i libri di autori molto famosi a livello internazionale a Cuba hanno tirature basse, con rare possibilità di ottenere una ristampa. Oggi, a Cuba, l’intellettuale e l’artista sono più liberi rispetto al passato, esiste uno spazio in cui raccontare: la musica, il teatro, la letteratura, riflettono di più la realtà del paese e non sono condizionati dall’esigenza di idealizzarla. Tornando agli scrittori, alcuni di loro, grazie all’uso dei social sulla rete che oggi è meno proibitiva di un tempo sul piano dei costi, dal momento che stanno sorgendo punti Wi-Fi dovunque, stanno facendosi conoscere all’estero e riescono a strappare contratti per la traduzione dei loro libri.
Verde Limone parla esplicitamente di sesso, talvolta di sesso omosessuale. Considerato che l’omosessualità era un tema tabù a Cuba, mi pare che ci sia stato un cambiamento. Che te ne pare?
Il tema dell’omosessualità coinvolge da sempre la letteratura cubana. Basti pensare a nomi come Lezama Lima, Virginio Pinera o Reinaldo Arenas. Anche in questo caso, ci sono libri che hanno sdoganato la tematica dell’omosessualità. Mi riferisco a Prima che sia notte di Arenas e a Fragola e cioccolata di Senel Paz, entrambi poi diventati popolari all’estero grazie a pellicole di successo. Oggi esistono locali per gay frequentatissimi come il “Las Vegas” e nessuno si stupisce più nel vedere un travestito a spasso per la città. Il tema della sessualità è una è uno dei canoni e dei tormenti e, se vogliamo, anche uno degli stereotipi della letteratura cubana contemporanea. A Cuba esistono generi e sottogeneri letterari. Uno fra i più frequentati dagli scrittori delle nuove generazioni riguarda proprio il tema della sessualità, sia da un punto di vista maschile che femminile.
Nella prima pagina del libro e poi anche più avanti si parla di Italia, di Firenze nella fattispecie. E si parla di rock come stile di vita. Non sembrano due temi fortemente cubani. Ma a Cuba c’è passione per l’Italia e la musica rock ha esercitato un certo fascino anche sui cubani?
Sino al 1966, il rock a Cuba era considerato musica borghese e d’evasione, reazionaria e, quindi, proibita. Ma i cubani, che vanno pazzi per la musica, lo ascoltavano ugualmente, correndo il rischio di finire nel centri di recupero statali. Poi le cose iniziarono a cambiare, sino al punto che Fidel Castro fece innalzare, dopo la morte di John Lennon, una statua in suo onore in un parco che oggi porta il nome del musicista. Fidel si convinse quando intuì che la musica rock era rivoluzionaria. La prima esibizione a Cuba di un gruppo rock risale al 1981, quando gli americani Fabulous Titans (prima noti come The Shakers) furono invitati per un tour. Molti anni dopo, nel 2001, toccò ai Manic Street Preachers. Avvertito che la musica della band sarebbe stata a volume molto alto, Fidel Castro avrebbe replicato: “Non possono fare più rumore di una guerra, giusto?”. Il Lider Maximo, involontariamente fornì un grande titolo al DVD Louder than war: Live in Cuba, che avrebbe testimoniato l’evento. Poi è stata la volta del grande concerto, di recente, dei Rolling Stones, ma qui parliamo ormai dei nostri tempi, di una Cuba che si sta aprendo al mondo, delle logiche del villaggio globale in cui tutto si contamina, perdendo il suo valore di autenticità. Anche Zucchero, per dire, ha suonato a Cuba e a quanto pare tra poco ci andrà la Pausini. Parlando di locali, chi vuole sentire buon rock alla Avana può andare al “Rock Café” o al “Sottomarino Giallo”, dove si esibiscono epigoni dei Beatles e altri rocchettari, ma i locali migliori dove ascoltare i gruppi più interessanti sono quelli suggeriti da Radio Bemba, ovvero dal passaparola.
Mi spieghi meglio che cos’è il “periodo especial”, ovvero quello in cui si svolge il romanzo di Gala?
È stato un quinquennio di grave crisi economica iniziato poco dopo la caduta del muro di Berlino e lo sgretolarsi dell’Unione Sovietica. La già povera economia cubana che dipendeva dagli aiuti sovietici crollò bruscamente. Il governo impose pesanti restrizioni alla popolazione e ridusse la già misera razione giornaliera di cibo, la cosiddetta libreta, che lo Stato passava (e passa ancora oggi) ad ogni suo abitante. La gente mangiava le bucce di banana in padella, il caffè si faceva con i ceci. La luce mancava per diverse ore ogni giorno nella capitale, tutto era razionato. Qualcuno racconta, ma non so quanto ci sia di leggenda in queste storie, che sulle pizze venivano fatti sciogliere i profilattici al posto del formaggio o che vennero mangiati tutti gli animali dello zoo dell’Avana. Leonardo Padura Fuentes, i cui libri sono ambientati a Cuba dopo la caduta del muro di Berlino e, quindi, dopo il dissolvimento dell’URSS, racconta che se fino a quando l’economia cubana era stata “drogata” dalle forti contribuzioni sovietiche le cose funzionavano, all’indomani della caduta del blocco sovietico quando queste contribuzioni vennero a mancare, vennero a galla le reali falle della gestione castrista. Proprio nel 1989 Leonardo Padura Fuentes ambienta la cosiddetta quadrilogia delle “Quattro Stagioni”, i primi quattro romanzi con protagonista l’ispettore Mario Conde.

 

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