di Bram Stoker
Elliot Edizioni manda in libreria, il 2 novembre, “Racconti al tramonto” di Bram Stoker, l’autore di storie del terrore che nel 1897 con il romanzo “Dracula” ha dato vita e canini affilati a un personaggio impresso negli incubi del ‘900 e amatissimo dal cinema. Lo scrittore irlandese, vissuto dal 1847 al 1912, ha pubblicato anche fiabe per bambini e tali sono, pur se fitte di ombre, le otto storie uscite nel 1881 con il titolo “Under the Sunset”. Le ha tradotte Loretta Santini per l’editore Elliot (149 pagine) che nella collana “Scatti” sforna un’edizione arricchita dalle illustrazioni di Francesca Rossetti. Per gentile concessione dell’editore, pubblichiamo la parte iniziale del racconto “Il Costruttore di Ombre”.
Il solitario Costruttore di Ombre è sempre al lavoro nella sua solitaria dimora.
I muri son fatti di nuvole, e tutt’attorno e attraverso di loro, mutevoli per natura, passano le cupe ombre di tutto quanto è stato.
Quest’eterna rotazione tenebrosa è detta “Processione del Trapassato”. In essa tutto è proprio com’era nel Gran Mondo. Non c’è alcuna differenza, perché ogni istante, mentre passa, proietta la sua ombra in questa cupa Processione. Qui si muovono persone ed eventi, e così preoccupazioni, pensieri, follie, crimini, gioie, dolori, luoghi, scene, speranze e timori, e tutto quanto fa parte della vita, con le sue luci e ombre. Ogni quadro della natura in cui si avvicendano delle ombre – ovvero tutti – trova qui il suo cupo fantasma. Qui albergano le immagini più gradevoli e più tristi da vedere – l’oscurità che invade un assolato campo di grano quando il vento provoca il cupo movimento delle spighe che si curvano e risollevano; l’incresparsi della superficie luccicante di un mare estivo; la distesa oscura che giace al di là del riflesso lunare sull’acqua; il merletto di bagliore e tenebra che orna un sentiero al passaggio di qualcuno in autunno, quando la luce della luna attraversa i rami spogli degli alberi; la fresca ombra rigenerante sotto i folti alberi d’estate, quando il sole arde sul falciatore al lavoro nei campi; le scure nubi che corteggiano la luna nascondendone la luce, che poi torna a risplendere sorda e fredda; la bruma violacea che cosparge l’orizzonte dei temporali estivi; i cupi recessi e le cavernosità di una cascata che si getta gorgogliando nel fiume… – tutte queste immagini oscure, e mille altre che si avvicendano giorno e notte, ruotano nella Processione di tutto quanto è stato.
Non solo: qui è presente ogni atto di qualsiasi essere umano, ogni pensiero – buono o cattivo – ogni desiderio, ogni speranza – tutto quanto è segreto – e diventa un ricordo durevole che non può essere oscurato; in ogni momento infatti il Costruttore di Ombre può convocare con la sua mano spettrale chiunque – sveglio o dormiente – per assistere alla rappresentazione del Trapassato, nella tetra, misteriosa nube che avvolge la sua dimora solitaria.
In questa Processione del Trapassato, in moto perpetuo, vi è un solo punto privo di spettri e nubi. Regna qui una tenebra perenne, densa e profonda, avvolgente, dietro alla quale si trova il grande mondo di fuori.
Questa oscurità viene chiamata Cancello del Timore. È da qui che la Processione intraprende il suo corso, e quando nel suo moto circolare ritorna verso la tenebra, i fantasmi d’ombra vengono riassorbiti dalla misteriosa oscurità.
Talvolta il Costruttore di Ombre oltrepassa i muri di nube della sua dimora e si mescola alle schiere della Processione; e può accadere che con un cenno della sua mano spettrale chiami dalla nebbia una figura, e questa con passo silente le si affianchi.
Ogni tanto da un corpo addormentato il Costruttore di Ombre chiama a sé un’anima sognante. Allora per un po’ i vivi e i morti stanno faccia a faccia, e gli uomini lo chiamano “un sogno dal Passato”. Quando questo avviene, l’amico incontra l’amico, o il nemico incontra il nemico. E sull’anima di chi sogna cala un ricordo felice da lungo tempo sopito, o l’angoscia tormentosa del rimorso. Ma a nessuno spettro è concesso di passare attraverso il muro di nebbie, può farlo solo il Costruttore di Ombre. E nessun essere umano, nemmeno in sogno, può accedere all’oscurità dove la Processione avanza.
Così vive il solitario Costruttore di Ombre nelle sue tenebre. E la sua dimora è abitata da uno spettrale passato.
L’intero suo popolo appartiene al passato. Perché sebbene crei delle ombre, esse non si fermano con lui. I suoi figli subito si trasferiscono alle loro case nel mondo di fuori, e lui non li incontra più finché, nell’inevitabile avvicendarsi del tempo, essi si uniscono alla Processione del Trapassato e a turno raggiungono i muri di nebbia della casa paterna.
Per il Costruttore di Ombre notte e giorno non esistono, e così le stagioni, perché perenne è il moto della silenziosa Processione del Trapassato attorno alla sua solitaria dimora.
Talvolta egli siede a meditare con lo sguardo fisso di fronte a sé, ma non vede niente; e allora fuori, sul mare, cala una calma senza nembi o la nera cappa della notte. Se per lunghi mesi egli non guarda mai né a sud né a nord, vi è spazio soltanto per l’immobilità della notte artica. Ma quando i suoi occhi sognanti tornano consapevoli, il duro silenzio si addolcisce delle tonalità sonore della vita e della luce.
Talvolta, con la fronte aggrottata e uno sguardo duro negli occhi, che lampeggiano e brillano di torvi bagliori, il Costruttore di Ombre porta avanti risoluto il suo compito, e le ombre si addensano fitte attorno al mondo. Sul mare scorre il nero della burrasca; le fievoli luci tremolano nei casolari delle lande solitarie; e perfino nei palazzi dei Re le ombre passano, fluttuano e sfiorano tutte le cose – anche i cuori dei Sovrani – perché il Costruttore di Ombre è duro come non mai.
Di tanto in tanto, assai raramente, nello svolgere il suo compito il Costruttore di Ombre indugia infondendovi tutta la sua passione. E allora il cuore gli si strugge per i figli del suo ingegno, perché vorrebbe tenere almeno un’ombra al suo fianco per alleviare la propria solitudine. Ma in quei momenti la voce del Grande Presente risuona sempre alle sue orecchie, incitandolo ad affrettarsi. È una voce gigantesca che lo ammonisce: «Avanti, avanti».
Mentre queste parole rimbombano nelle orecchie del Costruttore di Ombre, l’ombra completata gli sfugge dalle mani e, oltrepassando il Cancello del Timore, si mischia al gran mondo di fuori, nel quale dovrà assumere il suo ruolo. Quando, nell’inevitabile avvicendarsi del tempo, quest’ombra finalmente arriva nelle schiere della Processione del Trapassato, il Costruttore di Ombre la riconosce e la ricorda; ma nel suo arido cuore i ricordi non producono fiamme d’amore, perché egli può amare solo il Presente, che sempre sfugge alla sua presa.
Certo è una vita solitaria quella del Costruttore di Ombre; ed è nell’oscurità informe, triste, solenne, misteriosa e muta che lo circonda, che egli porta avanti il suo compito solitario.
Ma ogni tanto anche il Costruttore di Ombre ha le sue soddisfazioni. Al suo tocco sbocciano ombre bambine, fioriscono forme solari, e splendono di dolcezza e amore prima d’andarsene. Di fronte al Costruttore di Ombre che lavora, si trova uno spazio che non è di luce e non è di tenebra, che non contiene gioia né dolore. Qualsiasi cosa vi entri in contatto, svanisce come sabbia inghiottita dall’onda in arrivo, o come parole scritte sull’acqua. Là tutte le cose perdono la propria identità e diventano parte del grande Non-essere; e questa inquietante linea di confine si chiama la Soglia. Tutto quanto vi entra, scompare; e tutto quanto ne emerge, è una forma in sé conclusa che
appena nata passa nel grande mondo di fuori, seguendo il corso delle cose. Di fronte alla Soglia lo stesso Costruttore di Ombre è impotente; e nella forza dell’attrazione che essa esercita sta ciò che egli non può influenzare o dominare.
Quando è al lavoro egli evoca, e dall’impalpabile nulla della Soglia sorge l’oggetto del suo volere. A volte l’ombra emerge perfettamente formata e immediatamente oltrepassa il Cancello del Timore; altre, essa cresce duttile e leggera, riempiendosi poco a poco, fino a completarsi per raggiungere l’oscurità.
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