di Camilla Annicelli
Uno dei fenomeni più discussi negli Stati Uniti arriva anche nel panorama italiano: la ‘’Cancel culture’’ e tutti i suoi significati hanno infettato televisioni, cinema, letteratura e persino cartoni animati. In vista della conferenza sulla ‘’Cancel culture’’ organizzata dall’Università degli Studi di Siena prevista per oggi, 21 ottobre, abbiamo chiesto a Silvia Garambois, presidente di GiULiA giornaliste ed impegnata nei temi legati ai diritti delle donne, di rispondere a qualche domanda che potesse offrirci delle riflessioni su un argomento divenuto così popolare e insidioso.
Una parte del movimento femminista, in particolare quello americano dell’ultima generazione, è convinto di lottare e perorare la causa mettendo in atto azioni di cancellazione sui temi più disparati: si passa dalla storia alle favole. Lei pensa sia qualcosa che contribuisca effettivamente alla causa?
So bene come ci siano delle forzature per andare a rileggere i dati storici, ma trovo che queste siano aberranti, da qualsiasi punto di vista. Parlando della storia del femminismo, non è possibile pensare che la correzione della favola di Pocahontas o di qualche cartone animato di Walt Disney permetterà un’educazione delle bambine e dei bambini futuri secondo altri criteri. La cultura è il tutto, e il tutto va preso e storicizzato. È anche vero che tra quello che è stato il movimento iniziale del femminismo con i suoi primi vagiti ad oggi, ci sono delle differenze abissali: prima non ci si rendeva neanche conto di stereotipi e problemi che avevamo intorno, ma ciò non toglie che io non sia contraria alla cancel culture. Io non sono del partito della cancellazione, tutt’altro. Sono del partito della conservazione, dell’analisi, dello studio e quindi ritengo che tutti gli elementi ci servano per progredire.
Storici, letterati, registi e scrittori sono tra i più colpiti in questa battaglia della cancellazione. Ma il fenomeno riguarda la stessa lettura dei processi storici. Indro Montanelli, seppur considerato uno dei più grandi giornalisti italiani del ‘900, nell’ultimo anno è stato particolarmente preso di mira. È possibile dunque separare l’opera dall’artista?
Indro Montanelli, a mio giudizio, non è stato uno dei più grandi giornalisti di questo secolo e del ‘900, tanto per cominciare. Quella di Montanelli non è una storia giustificabile, da qualsiasi punto la si voglia prendere. Prima ho detto che la storia va presa per quello che è e ogni cosa ha il suo momento storico, ma nel caso di Montanelli questo non è accettabile: non è esistito nel suo momento storico la possibilità di poter anche solo pensare di avere spose bambine con cui instaurare relazioni sessuali, soprattutto perché non faceva parte della cultura cristiana in cui era cresciuto. Tutto questo è qualcosa che appartiene solo a logiche di prevaricazione e stupri di guerra. Ho trovato assolutamente fuori luogo l’idea di fare una statua a Montanelli, ma per quanto sia un’orribile statua sicuramente non mi metto a buttarla giù adesso.
In politica, come in televisione, c’è chi sostiene sia una limitazione della libertà d’espressione. Si tratta davvero solo di un atteggiamento che mira a sostenere il ‘’politicamente corretto’’ o è solo deresponsabilizzazione?
La questione del politicamente corretto è una materia infida e delicata. Il politicamente corretto vuol dire restare nei binari che la cultura democratica di questo paese ha sempre avuto, dove non era prevista la possibilità di utilizzare espressioni razziste, violente o insulti sguaiati alle donne perché c’era un’educazione a non farlo. Questa educazione nasceva da una cultura cattolica, che ti insegnava ad avere un rapporto con l’altro, e una comunista che aveva comunque le stesse basi indirizzandoti ad avere un certo tipo di atteggiamento.
Ad un certo punto c’è stato una sorta di ‘’liberi tutti’’, ed è proprio lì che abbiamo iniziato ad usare il politicamente corretto. Forse la data di inizio di questo ‘’liberi tutti’’ è proprio con l’era berlusconiana, un periodo in cui si è cominciato a scardinare tutto quanto ed è iniziato ad esistere una scorrettezza di relazioni che poi è sfociata nel linguaggio d’odio. Il politicamente corretto a questo punto è stata una reazione uguale e contraria: non è stato più il tentativo di ricondurre dentro binari di ragionevolezza, ma è diventato piuttosto l’esasperazione di ogni questione.
Un’ultima domanda: la ‘’Cancel culture’’ oltre che uno scontro culturale è diventato anche un contrasto generazionale. Perché un dibattito del genere non si è formato nelle generazioni precedenti ma è particolarmente sentito nella ‘’Gen Z’’?
Prima ho parlato della Disney perché forse arriva di più un cartone del genere che un libro di testo da leggere, ma non è togliendo Biancaneve dai piedi che si risolve il problema. Mi interessa che i giovani abbiano la possibilità di avere a disposizione più letture e un educatore capace di accompagnarli nella lettura. Più della questione di Biancaneve mi interessa il lavoro di analisi, correzione, rivisitazione e aggiornamento dei libri di testo che vengono dati in mano alle nuove generazioni. Per fortuna ora anche nella produzione cinematografica ci sono materiali interessanti che, anche senza cancellare nulla, danno alle ragazze l’idea che non solo non esistono differenze, ma possono esistere delle eccellenze. Questo è importante e necessario perché nella società in cui viviamo veniamo continuamente limitate; è molto difficile diventare direttrici di un giornale o essere quelle intervistate perché c’è sempre chi ha un titolo più alto del tuo ed è un maschio.
Sarà possibile seguire la conferenza a partire dalle 15:00 sia in presenza, nei locali del Santa Chiara Lab in via Valdimontone 1, che a distanza: Clicca qui per partecipare online