di Chiara Monti
Radiofreccia racconta la storia di una piccola radio libera, Radio Raptus, nata alla fine degli anni ‘70 in un paesino emiliano. Bruno, Ivan, Tito, Jena e Bori ne sono i creatori, tutti parte della stessa comitiva desiderosi di dar voce alla loro generazione, rappresentando lo spirito di libertà e ribellione che caratterizzava le prime emittenti indipendenti.
Radio Raptus nasce dal basso, da un gruppo di amici che parla della loro comunità, difficoltà e vita; trasmettendo musica non convenzionale. Un luogo sicuro dove i giovani possono esprimersi e sentirsi parte di qualcosa di più grande.
La storia di Radiofreccia e del protagonista stesso è narrata da un suo amico utilizzando la tecnica del Flashback. Bruno, Luciano Federico, inizia a raccontare di come è nata la radio, ripercorrendo eventi cruciali della vita dell’intera comitiva.
Il protagonista, Ivan, detto Freccia interpretato da Stefano Accorsi, è un ragazzo sensibile e carismatico cresciuto in un ambiente familiare fragile e difficile. Freccia è in lotta con i suoi pensieri e finisce per cadere nel tunnel dell’eroina, da cui non riuscirà più a uscire.
L’amore per la radio, le amicizie, le “storielle con qualche amichetta” saranno le cose che lo terranno in vita. Ivan incarna lo spirito ribelle delle radio libere: una comunicazione vera e non preparata, racconti crudi e nude verità.
La nascita di radio Raptus avviene in un’Italia che cambia, dove la voce, la parola e la musica diventano forma di resistenza e identità.
Radiofreccia è un film del 1998 con regia di Luciano Ligabue, che ne cura anche le musiche e la sceneggiatura.
Una regia che preferisce un’osservazione diretta della vita quotidiana, raccontando i personaggi nei dettagli che li rendono veri. Si alternano ironia, malinconia e drammaticità. Il linguaggio è diretto e colloquiale come quello del Barista del “Bar Laika” interpretato da Francesco Guccini.
La colonna sonora è parte integrante del racconto, i brani rock sono simbolo della generazione giovanile degli anni ‘70 e accompagnano le emozioni dei personaggi. Da Sweet Home Alabama dei Lynyrd Skynyrd, prima canzone trasmessa a Radio Freccia, passando poi a The Passenger di Iggy Pop per arrivare a Can’t help falling in love with you di Elvis Presley, che apre e chiude il film. La storia termina con una canzone dello stesso regista Ho perso le parole, chiusura perfetta per una radio che deve interrogarsi sul suo futuro.
La radio diventa simbolo di un’epoca fatta di passioni, di fiducia, di speranze, ma anche di difficoltà, dipendenza e dolore, una generazione complessa ma non lontana. Un film fortemente attuale e contemporaneo che narra le vicende di una generazione che sta vivendo i rapidi cambiamenti del mondo. Bombe, movimenti studenteschi, utopie, religioni e dipendenze. Un mondo che non è diverso da quello di oggi.
Radiofreccia racconta la storia di tutte le compagnie di amici, delle avventure, dei problemi e delle difficoltà, ritraendo una realtà che per quanto piccola è universale. Un disagio comune a tutti: l’incessante bisogno di libertà intesa come sete di conoscenza e necessità di espressione. Radiofreccia ci spinge a porci una domanda: che cosa serve per fare radio? Le risposte sono quattro: verità, coraggio, libertà e ascolto.
