di Maurizio Boldrini
Se mi chiedessero, come chiesero a Mario Soldati, di fare un “Viaggio in Italia” per raccontare i riti pasquali, eviterei, con certezza, di raccontare i centri delle grandi città storiche, gremiti di turisti rumorosi e ammiranti ogni angolo che sappia di monumento d’arte, presunto o vero. Agguerriti nella loro voglia di far festa. D’altra parte, tutte le tradizioni popolari stanno mutando sotto il peso di un mondo che ricolloca tutto in base ai desideri imposti dal mondo dei consumi. Ci cascano dentro, nonostante alcune resistenze delle chiese stesse, anche le feste di matrice religiosa come quelle pasquali. Mi ha colpito che alcune delle domande che affollano le piattaforme digitali, Google in testa, siano proprio domande sulla Pasqua e sui suoi riti: perché Gesù è morto di venerdì? Perché resuscita dopo tre giorni?
Ma se mi chiedessero, comunque, di far un tal viaggio rovescerei lo stivale. Partendo dal Sud, dove il rito ha ancora un peso e dove la credenza popolare continua a alimentarlo, sia mantenendolo con la sua espressione di fede sia contaminandolo, anche socialmente, con il grande e commovente saluto allo sbocciar della primavera. Leonardo Sciascia, isolano fin dentro l’anima, lo aveva colto nella “Corda pazza”, dove scriveva che in Sicilia, queste feste, erano “tutto”, un’esplosione esistenziale collettiva il cui confine “non poteva essere segnato in alcun modo dal perimetro religioso”. Come i Misteri che si celebrano a Trapani con le possenti sculture della Passione che accompagnate da bande musicali e poggiate sulle spalle dei peccatori si innalzano tra le case azzimate del centro e in quelle arroccate dalla periferia. Partono il primo pomeriggio del venerdì e finiscono il giorno dopo, il Sabato Santo.
Processioni simili o con peculiarità rilevanti si volgono in tutto il Paese. A partire dalla Via Crucis del Venerdì Santo a Roma, guidata dal Papa. Ma in particolare, nel Sud: in Sicilia, dove i riti si moltiplicano anche in tanti piccoli centri; in Calabria e nella Basilicata, come a Matera con i suoi sassi; in Puglia dove rimane alto il gusto del travestimento come a Taranto.
Ma anche al Nord: a Vercelli dove la processione avanza con macchine da scena; a Mantova dove il venerdì aprono ed espongono i Sacri Vasi, contenenti la reliquia del Preziosissimo Sangue; in Emilia-Romagna dove la “Via Crucis” di Frassinoro è vivente. In Umbria come non pensare ad Assisi (la nota Scavigliazione), a Gubbio e alla Sacra rappresentazione di Città di Castello?
La Sardegna ha una sua specifica peculiarità: la Settimana Santa di Iglesias, che culmina nella processione notturna nella sera del Venerdì Santo, quando va in scena un pomposo corteo funebre di derivazione spagnola e barocca, che pare quello di un re.
I riti hanno i loro tempi. Guai a modificarne il ritmo e la forma. La Settimana Santa è lunga. Come sono lunghe e zeppe di dettagli le autentiche feste popolari. Giovedì, i Sepolcri e il lavaggio dei Piedi ai diseredati e ai peccatori. Venerdì, Gesù viene messo in croce e poi, solo dopo, trasportato nelle solenni processioni serali. Ogni paese del bel Paese ne aveva una propria, dove si mescolavano gli ignari agnellini con i bambini-angeli con le ali di carta pesta e le dolenti donne con scialli neri e voci acute insistenti nell’intonare il perdono per le loro colpe: “Gesù mio, perdon, pietà.” In molti casi questi riti sono scomparsi e annientanti in una fasulla modernità; in altri casi le stesse processioni sono diventate una sorta di pre-aperitivo. Poi di corsa tutti insieme a cenare, nel ristorante.
Il Sabato, in questa sequenza rituale, è il giorno che sembra avere minor peso. Un giorno inutile, insomma. Che succede? Gesù è ancora morto o è già resuscitato? Se lo chiedono in molti, proprio su Google. Lasciamo alla piattaforma il mestiere di dare dati di precisione evangelica. Per la tradizione è il giorno del Limite tra la Morte e la Vita, tra la Passione e la Rinascita, sia religiosa sia naturale. Si sciolgono le campane, si portano le uova e il pane a benedire, ci si prepara in ogni casa alla messa della Resurrezione al conseguente ricco pranzo pasquale. Questa gioia preparata, attesa, come s’attende la primavera, esplode poi la Domenica mattina quando si celebrano alcuni dei riti più affascinanti: la “A Maronna Vasa Vasa” a Modica che è del tutto simile a quella che svolge ad Aragona, “L’incontro pasquale”, dove il nome del rito cambia mantenendo la stessa sostanza: la Madonna che piangendo corre incontro per una, due, tre volte al Figlio e, solo al terzo bacio, il velo nero della morte cade a terra in mezzo all’esplosione di gioia del paese. Solo che ad Aragona anche San Pietro e San Paolo hanno un ruolo decisivo per permettere il ricongiungimento. Cristo è davvero risorto e che la Pasqua sia festeggiata come si deve. È mezzogiorno. Botti. Fanfare. Festa. Famiglia. Agnello. Cannoli. Pisolino.
Lunedì è la gita fuori porta. Lunedì è cacio e baccelli. Lunedì è porchetta. Lunedì è la gioia che libera non solo la collettività ma ogni singola persona. Si torna a vivere dopo aver visto in faccia la sofferenza e aver capito che la si può piegare. E, infatti, si esce. Fuori. In quei campi che hanno, fin dall’antichità, suggerito di far festa quando il sole scalda la terra e le messi promettono bene.