Con una folta barba bianca Brian Eno compare in diretta su uno schermo alla Galleria Nazionale dell’Umbria, a Perugia, perché ha creato tre opere speciali per il museo: su invito del direttore Marco Pierini ha creato tre “lightbox”, pannelli luminosi con immagini astratte che mutano lentamente colori e riflessi e che si confrontano con tre caposaldi rinascimentali della raccolta, il Polittico di Sant’Antonio di Piero della Francesca, il Polittico Guidalotti di Beato Angelico, il Cristo morto in pietà del Perugino.
Mettiamo subito le carte in tavola: Brian Eno, musicista che mise da parte l’etichetta “rock” a metà anni ’70 creando la sua “ambient music”, produttore inventivo e incisivo di gruppi come Talking Heads e U2, della trilogia berlinese di David Bowie, è anche un artista visivo e nelle sale umbre non copia affatto: suggerisce invece una immersione meditativa, induce a prendere tempo, a guardare con sensazioni profonde. Suggeriamo pertanto chi passerà di qui di guardare Eno vicino ai maestri rinascimentali con calma, senza fretta, perché la ricompensa potrà essere emotiva e di quiete se sappiamo coglierne il passo pacato. Il triplice confronto si intitola “Reflected”, dal 4 settembre prosegue fino al 10 gennaio 2021, il catalogo dovrebbe arrivare entro novembre e in due installazioni comprende anche la componente sonora: davanti all’Angelico e al Perugino con il variare della luce i lightbox emettono anche una musica intima e morbida, da “ambient music”.
Con tutte le complicazioni del Covid il musicista-artista visivo non ha potuto arrivare a Perugia e si è concesso via video in diretta dalla sua casa in Inghilterra. A dispetto di una fama di ritroso verso le interviste e i giornalisti, Brian Eno è stato loquace e generoso nelle risposte. Per esempio: a Perugia si confronta con tre opere cristiane, anzi cattoliche, eppure i suoi lightbox sono spirituali, non confessionali, per cui non sarebbero adeguati anche in una moschea, una sinagoga o in qualunque altro luogo di fede? «Mi ritengo ateo – risponde – ma credo di essere legato alla funzione che la religione gioca nelle nostre vite. Negli anni aumenta il mio rispetto per le persone religiose. In parte questo avviene perché gran parte della musica e dell’arte che mi piacciono vengono da ispirazioni religiose, in particolare la musica gospel e il canto ortodosso russo. Amo queste forme perché contengono il messaggio “lasciati andare, smettila di essere ‘io’ e comincia a essere ‘noi’. Credo sia un messaggio religioso universale e mi piace. Quindi, per rispondere alla domanda, sì, andrebbero benissimo anche in una sinagoga, in un tempio e in qualsiasi altro luogo». Finché con sottile auto-ironia chiosa: «Il mio indirizzo è disponibile su richiesta».
«Un messaggio del mio lavoro è ‘calma, pace, prendila calma’ – racconta con gentilezza il multiforme artista – è l’opposto del guardare la tv dove l’enfasi è avere sempre più soprese, sempre più coinvolgimento, sempre più velocità. Credo invece che il mio lavoro inviti ad arrendervi, dice ‘rilassatevi’, lasciate che qualcosa vi succeda, e non considero l’arrendersi come un verbo passivo. Per fare un’analogia, quando un surfista entra nell’onda controlla la situazione ma poi si arrende e si fa trascinare. La nostra società pone una forte enfasi sul concetto di controllo, ma in una vita sana dovremmo sapere sia come arrenderci che controllare. La cosa intelligente è imparare ad arrendersi, a lasciarsi andare con il flusso». Ancora: «Lasciarsi andare con il flusso è un vero talento e lo dobbiamo continuamente praticare. Quando proviamo piacere con droghe, sesso, religione e arte pratichiamo la nostra abilità alla resa. E questo ci porta al punto su cosa vorrei vedere in una chiesa oggi: se riflettiamo sull’impatto delle opere di Piero, Perugino e Beato Angelico agli occhi del ‘400 e ‘500, allora sto cercando di ricreare quell’effetto nei termini del XXI secolo, che è quanto dovrebbe esserci in una chiesa oggi».
Brian Eno incarna una delle figure più influenti della musica dell’ultimo mezzo secolo e parla in tutta tranquillità, senza assumere affatto l’atteggiamento del guru. Occhiali, giacca azzurra, camicia blu, oltre a indicare come figure che lo hanno ispirato il regista Robert Wilson e, da giovane, il dadaista Kurt Schwitters, l’artista descrive il suo lavoro: «Pittura e musica sono sempre state intrecciate per me. Ho iniziato a giocare con la luce come mezzo all’incirca nello stesso periodo in cui ho iniziato a suonare quando ero adolescente. Mi sembra di aver cercato di rallentare la musica per renderla più simile alla pittura, e dare movimento alle immagini per avvicinarle alla musica». Eppure invita a non fare facili trasposizioni: «Non faccio mai traduzioni dirette tra un medium e l’altro, non guardo il quadro e sento una musica; guardo il quadro e vedo un mondo. Il grande talento umano è immaginare mondi».
Aver proposto a Eno questo confronto ravvicinato con l’antico, organizzato dal museo insieme ad Atlante Servizi Culturali, è stata un’idea vivificante e, in qualche misura, invita anche a scantonare dalle abitudini, a guardare in altro modo quei dipinti del Rinascimento toscano e umbro. Qualche richiamo formale i lightbox dai colori morbidi peraltro lo conservano: la pittura elettronica vicina a Piero riprende la forma architettonica verticale del polittico e contiene allusioni tramite alcune linee verticali e orizzontali; il lightbox davanti al Beato Angelico richiama, dalla predella, il profilo delle colline e una forma circolare e una tondeggiante; del Perugino l’artista britannico riprende solo la forma quadrata e le misure del dipinto.
Infine, per la cronaca, dal 6 settembre al 21 novembre Brian Eno espone anche a Venezia, nell’ex birrificio alla Giudecca della Galleria Michela Rizzo, con un progetto in dialogo con l’artista David Tremlett concepito appositamente per lo spazio veneziano.
Il sito della Galleria nazionale dell’Umbria
Il sito della Galleria Michela Rizzo