«Mentre la politica e il governo cancellano la memoria, mentre la democrazia è a rischio in più paesi e la sinistra pare inesistente, è un bel record e un segno di resistenza culturale che “Arte in memoria” sia arrivata alla decima edizione». Tanto più che oggi la società italiana presenta «le stesse caratteristiche della vigilia del fascismo, come ha raccontato Antonio Scurati con il suo romanzo M». Lo pensa Adachiara Zevi, storica dell’arte e architetto: storico dell’arte e architetto, tramite l’omonima associazione dal 2002 guida e coordina “Arte in memoria”, biennale alla Sinagoga al parco archeologico di Ostia antica dove artisti di oggi si misurano con il tempo antico, con il ripensare l’Olocausto. E se da un lato la studiosa e presidente della Fondazione Bruno Zevi si rallegra perché la rassegna d’arte è sempre viva, dall’altro non nasconde le inquietudini e le preoccupazioni di un tempo molto fosco e, con il suo carattere fermo, non annacqua certo il suo pensiero in conferenza stampa. «”Arte in memoria” serve anche per dimostrare come l’arte possa contrastare derive autoritarie e populiste».
Il quartetto di artisti
Come per ogni edizione gli artisti invitati sono quattro. Ruth Beraha (Milano, 1986), Norbert Hinterberger (Altmünster, Austria, 1949), Zbigniew Libera (Pabianice, Polonia, 1959, che ha portato quaranta metri di binari ferroviari), Karyn Olivier (Trinidad e Tobago, 1968, residente negli usa) espongono le loro opere dal 20 gennaio al 14 aprile 2019 nella Sinagoga. Organizza la mostra l’Associazione Culturale arteinmemoria, la promuove il Ministero per i beni e le attività culturali tramite Maria Rosaria Barbera, direttore del Parco archeologico di Ostia Antica.
«L’idea nasce dalla storia della Sinagoga di Stommeln, in provincia di Colonia, sopravvissuta al nazismo dove, dal 1990 e ancora oggi, ogni anno un artista è invitato a creare un lavoro originale per il luogo, mentre il presupposto teorico e critico è che la nostra cultura sia allo stesso tempo ossessionata dalla memoria e catturata dalla dinamica distruttiva dell’oblio», ricorda l’associazione.
«Artisti da aree a rischio democrazia»
«La scelta degli artisti – continua Adachiara Zevi – non si basa soltanto sulla qualità del loro lavoro ma anche sul loro paese: vengono da quelle aree che chiamo “a rischio democrazia” e li invitiamo per dimostrare come l’arte sia strumento efficace per portare avanti la memoria. Avrei voluto invitare anche un autore ungherese». La storica dell’arte non cela una discreta soddisfazione: «Hanno creato opere molto belle ed essere arrivati alla decima edizione per una biennale così complessa è veramente un bel record. È importante anche il poter fare arte contemporanea in luogo archeologico così prestigioso. Cominciò come un’iniziativa unica, oggi se ne fanno altre così».
«Comune e Regione si sono fatti di nebbia»
Ma le difficoltà non mancano. «Questa edizione si tiene grazie al contributo di tre istituzioni straniere, il Forum austriaco di cultura diretto da Hermine Aigner,
Forum austriaco di cultura, l’American Academy in Rome con il direttore John Ochsendorf e l’Istituto Polacco di Roma guidato da Lukasz Paprotny, e grazie alla Fondazione delle Ferrovie dello Stato senza la quale non ce l’avremmo fatta. Invece – chiosa non ho avuto alcun aiuto dal Comune né dalla Regione. Chi ha manifestato tanta solidarietà alle lettere di minacce ricevute l’anno scorso (leggi qui la notizia: Foto di Hitler e minacce naziste ad Adachiara Zevi) si è fatto di nebbia quando sono andata a bussare per Arte in memoria. L’iniziativa per tante edizioni ha avuto un sostegno pubblico, non privato, da Regione, Comune e Provincia, adesso niente».
In conferenza stampa alla Casa della memoria e della storia a Roma Adachiara Zevi rimarca che trova queste assenze «veramente una vergogna». E si appella alla soprintendente del Parco archeologico Maria Rosaria Barbera affinché tuteli e salvaguardi le opere di questa mostra, e quelle permanenti lasciate dagli artisti di precedenti edizioni, perché degrado o vandalismi sono sempre dietro l’angolo.
«A Ostia hanno convissuto per secoli cristiani, pagani nel senso antico del termine, ebrei e altri culti, non ha mai avuto barriere né recinti – commenta la soprintendente – È il contesto ideale per “Arte in memoria».
«Resistenza culturale in assenza della resistenza politica»
A proposito di istituzioni straniere, il sostegno arriva anche da quella polacca a Roma. Ovvero da un paese che un anno fa aveva emanato una legge sull’Olocausto che condannava perfino al carcere chi avesse parlato di complicità di cittadini polacchi con i nazisti verso gli ebrei. Poi il carcere è stato cancellato ma è ammissibile una legge simile in un Paese nell’Unione Europea? «Ormai è possibile ed uno scandalo. Anche per questo facciamo la mostra, per dare un segno. Siamo alle soglie delle elezioni europee e basti ricordare che in Italia due anni fa non c’era il governo di Salvini. Che ha sdoganato la destra e ha incontrato il premier ungherese Orban. Quale altro segno vogliamo? Intanto noi dobbiamo continuare». Una resistenza culturale? «Sì, per adesso. La resistenza politica non dà segni di vita, è molto allarmante e deprimente. Vediamo le stesse caratteristiche che si presentarono alla vigilia del fascismo, con una sinistra inesistente e la crisi economica». L’antisemitismo e il razzismo soprattutto verso neri vanno a braccetto? «Sono entrambi fenomeni di intolleranza, non c’è dubbio», conclude Adachiara Zevi.
Il sito di Arte in memoria