Leonardo uno e trino, gli Uffizi rischiano l'effetto "star"

Tre dipinti accorpati in una sala unica. Il direttore Schmidt: “Così l'artista si capisce e si vede meglio”. Resta in agguato l’effetto della “star”

Leonardo uno e trino, gli Uffizi rischiano l'effetto "star"
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9 Luglio 2018 - 17.26


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Tre dipinti di Leonardo in una sala, ancorché uno incompiuto, uno eseguito solo in parte dal pittore-scienziato di Vinci, manderebbero in solluchero qualsiasi museo al mondo. Sono come un’assicurazione permanente su visitatori garantiti dodici mesi l’anno. La Galleria degli Uffizi può permettersi questo lusso e ha riunito i suoi tre quadri in un’unica sala dalle pareti grigio perla e radicalmente ridisegnata, la 35 nel lato di ponente: a sinistra campeggia il Battesimo di Cristo del 1475-78, in realtà di Andrea del Verrocchio maestro di Leonardo con interventi dell’allievo nel profilo dell’angelo, nel corpo di Cristo e, indiscutibilmente, nel paesaggio che sfuma dietro la palma; al centro svetta l’Adorazione dei Magi, restaurata l’anno scorso dall’Opificio delle Pietre Dure con finanziamento degli Amici degli Uffizi, dipinta che Leonardo nel 1482 lasciò neanche a metà perché lo avevano chiamato a Milano e mollava Firenze; terza e non ultima opera, a destra l’Annunciazione con la Madonna dal braccio destro troppo lungo se la guardiamo frontalmente e invece andrebbe vista da destra stando in basso, come spiega la didascalia stessa in sala. Il direttore del museo Eike Schmidt prosegue quindi nel suo ridisegnare da capo a piedi il museo statale più frequentato d’Italia che, con il suo tragitto impostato fin dalle origini in forma cronologica, ha marcato la fisionomia dei musei nel mondo. Poche settimane fa aveva inaugurato la sala a pochi metri da Leonardo in cui accorpa altri due giganti, Michelangelo e Raffaello e autori affini come Fra’ Bartolomeo. Anche in questo caso le discussioni via web si infiammeranno.
Schimdt: “Una visita meditata per capire meglio Leonardo”
Schmidt, rincuorato dalla sentenza del Consiglio di Stato su Peter Assmann a Mantova che riconosce il diritto dei direttori stranieri di guidare i musei statali, dice: “Il nuovo allestimento non solo è studiato per permettere un tipo di visita lenta, meditata, in cui il visitatore può confrontare le opere e capire l’evoluzione stilistica di Leonardo giovane, ma rende anche giustizia alla storia dell’arte, collocando le opere dell’artista immediatamente dopo le sale dedicate al ‘400 fiorentino. Essa fa parte di una serie di cambiamenti messi in atto per adeguare gli Uffizi alle necessità di comprensione del pubblico e ai primari principi educativi cui il museo è improntato”. Le opere sono inserite in una teca protettiva dietro un vetro antiriflessi di altissima qualità che l’architetto del museo Antonio Godoli definisce “vere opere ingegneristiche dal costo di circa duemila euro a metro quadro e quindi 40-50mila euro a pezzo”. Per capolavori simili vale il costo.
La valutazione?
Quale valutazione dare invece del nuovo allestimento? Della sala in sé positivo: la lettura appare chiara, di facile comprensione, salvo che anche all’Adorazione, come per gli altri due dipinti, farebbe comodo una scheda che spieghi cosa raffigura perché buona parte dei visitatori viene da paesi di altre religioni e culture e non è detto conoscano l’episodio sacro. Lo spazio è ampio. Il pavimento a scacchi richiama i pavimenti fiorentini. Poiché i tre quadri “furono eseguiti per edifici di culto, i muri sono stati dipinti a spatola, ripetendo la tecnica antica, in un colore grigio pallido che rievoca le pareti delle chiese dell’epoca”, avverte una nota. Oltre la porta laterale, superando una sala di passaggio con l’Ermafrodito al centro e le natiche ben tornite in primo piano, si approda alla sala con il Buonarroti e il Sanzio per sancire una continuità nell’arte fiorentina tra fine ‘400 e inizio ‘500.
Perplessità
La scansione delle sale e proprio l’avvicinamento a Michelangelo e Raffaello però suscita qualche perplessità. Perché? Perché la storia degli Uffizi è fatta di una scansione cronologica per epoche e stili delle opere fin da quando i Medici la crearono come galleria d’arte personale. E Botticelli con le sue opere di fine ‘400 è rimasto nell’area di levante, quella opposta. L’attenzione filologica a richiamare le pareti delle chiese dell’epoca quindi non collima perfettamente con la scansione degli artisti nelle sale. È un dettaglio da puntigliosi, se volete. Il nodo vero è un altro: con questa impostazione un visitatore frettoloso può vedersi le star, Botticelli, la Tribuna del Buontalenti, Leonardo, Michelangelo e Raffaello, poi al primo piano Caravaggio, e farsi gli Uffizi in un’oretta rapida rapida evitandone la storia.

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Pur sapendo che l’effetto “ingorgo” va in tutti i modi evitato, non si rischia uno snaturamento della visita stessa? “Tra Botticelli, Leonardo e la Tribuna si creava un ‘tappo’ dei visitatori, non funzionava – replica sempre Godoli -. E poi non è vero: la sequenza cronologica è abbastanza rispettata. Non meno di prima: Leonardo era al primo piano”. “Questo allestimento permette un confronto dialogico fra le tre opere che prima non si potevano confrontare così tra loro”, insiste Schmidt. Per le guide turistiche con visitatori dal tempo costipato, con gruppi che si vedono in un giorno Roma, uno Firenze e uno Venezia la vita diventa più facile. Ma se per caso e come accade già da tempo salteranno molte sale senza neppure occhieggiare cosa c’è tra, poniamo, Simone Martini, poi Paolo Uccello, la fine del ‘400 fino al primo ‘500, vedranno solo i pezzi da hit parade? La cultura maturava da una civiltà, da una storia ampia e collettiva. L’impostazione è più pratica ma comporta un rischio: è come se nel calcio ricordassimo solo le giocate di Pelè, Gigi Riva, Maradona, Cruijff, Zidane, Cristiano Ronaldo, Pogba, Messi trascurando fior di giocatori.

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