A questo punto è accertato: la “Natività” di Caravaggio rubata a Palermo nel 1969 è passata attraverso le mani della mafia, come si sapeva, ma non è andata distrutta: è stata fatta a pezzi, forse quattro, per essere venduta meglio nel mercato illegale dell’arte. Probabilmente in Svizzera. Lo stabilisce la Commissione antimafia con un rapporto firmato dalla presidente Rosy Bindi che attinge alle testimonianze di vari collaboratori di giustizia e soprattutto al racconto del pentito Gaetano Grado. Rosy Bindi ha trasmesso i risultati dell’indagine alla procura della Repubblica di Palermo affinché “la magistratura competente possa sviluppare la pista investigativa che porta alla mafia”
Del trafugamento del furto d’arte più celebre degli ultimi decenni parla il libro “La tela dei boss – la verità sul Caravaggio rubato” del giornalista palermitano Riccardo nel 2018 i carabinieri del Nucleo tutela patrimonio artistico interrogarono due pentiti. Uno ha ritrattato le sue vecchie dichiarazioni dove aveva detto che il dipinto non esisteva più e ha affermato che “non è stato distrutto”. Un altro pentito ha riaperto la caccia al quadro.
In breve: la “Natività con i santi Lorenzo e Francesco” fu rubata nella notte tra il 17 e il 18 ottobre dall’Oratorio di San Lorenzo da ladri comuni. I capi di Cosa Nostra capirono quanto era importante il dipinto, troppo perché dei ladruncoli potessero gestirlo, e lo presero. Ha scritto sulla Stampa del 19 maggio scorso Francesco Grignetti: “Il ricettatore pianse. Poi tagliò il Caravaggio per poterlo vendere”. Gaetano Badalamenti trovò un ricettatore che viveva in Svizzera, allora già intorno ai 70 anni. I mafiosi, stando al pentito, portarono il quadro nel paese elvetico nascondendolo in un camion-frigoriferi, racconta Grignetti. E là il ricettatore divise il dipinto.